Sarebbe stato davvero così disdicevole se Conti non avesse deciso di devolvere parte dell'ingaggio in beneficenza?
Prendete Salvini, Brunetta, i soldi pubblici, la Rai, Sanremo, gli haters sui social network. Shakerate a lungo e il risultato non potrà che essere la tempesta perfetta del “gentismo” populista. In fondo gli ingredienti ci sono tutti: i politici, le canzonette, la tv, il vile denaro, il benaltrismo. La storia, in estrema sintesi, è questa: per presentare il suo terzo Festival di Sanremo consecutivo (e anche per le incombenze di direttore artistico) Carlo Conti, secondo i bene informati, riceverà un compenso di 650mila euro. Tanti? Sì. Troppi? Forse no. Fatto sta che Renato Brunetta prima e Matteo Salvini poi, hanno ritenuto necessario intervenire nella polemica partita sui social network (con centinaia di commenti indignati sulla pagina Facebook del conduttore toscano).
Per Brunetta, “la Rai è un servizio pubblico che ha il canone in bolletta, per questo ha degli obblighi in più nei confronti degli italiani”. E via con l’immancabile interrogazione parlamentare a Roberto Fico, presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Ma se l’esponente di Forza Italia, come di consueto, fa il cavilloso, Matteo Salvini fa parlare la pancia: “Lo stipendio di Carlo Conti è una cosa assolutamente indegna. Sono uno schifo questi 650 mila euro. In questo momento è uno schiaffo in faccia a tanta gente. La Rai dice che guadagna 6 milioni con Sanremo e dovrebbe darli ai terremotati mettendoli sul conto della Protezione Civile. Poi, per gli stipendi degli artisti ci vorrebbe un tetto. E due reti Rai vanno privatizzate, vanno messe sul mercato”. Privatizzare la Rai, farla stare sul mercato, dunque, ma quando il mercato (perché è il mercato che fa il “prezzo” di Conti, decide che il conduttore vale 650mila euro), allora no, non ci stiamo, la Rai dovrebbe dare tutti i soldi (magari anche il cavallo di viale Mazzini, Gigi Marzullo e le signorine Buonasera ormai “dismesse”) ai terremotati.
Per cercare di placare le polemiche, infine, è intervenuto lo stesso Conti, che in una intervista a Oggi (in edicola dal 2 febbraio) ha annunciato che devolverà parte dell’ingaggio alle popolazioni colpite dal terremoto: “È più bello aiutare gli altri senza farlo sapere, senza sbandierarlo per farsi belli. Avevo già programmato di destinare una somma importante alle popolazioni colpite dal terremoto e volevo tenerlo per me, ma purtroppo queste polemiche assurde mi costringono a renderlo pubblico”.
Ma la beneficenza encomiabile di Carlo Conti non risolve il problema. Lui, incolpevole, prova a spiegare a chi non riesce o non vuole capire che i suoi Festival “hanno fatto guadagnare, visto che la pubblicità ripaga ampiamente tutti i costi, e hanno prodotto utili importanti. Non lo dico io, ma le cifre ufficiali (quelle sì che sono vere) rese note dalla Rai”. E, a proposito di cifre vere, per l’edizione 2017 si parla di un costo di 16 milioni di euro e introiti pubblicitari per 22 milioni, con un attivo, dunque, di sei milioncini tondi tondi (che non sono pochi).
Il dubbio che resta, invece, è un altro: sarebbe stato davvero così disdicevole se Conti non avesse deciso di devolvere parte dell’ingaggio in beneficenza? Davvero siamo arrivati al punto in cui, mischiando le mele con le pere, si può gettare così tanto fumo negli occhi degli italiani, evidentemente sotto stress per una lunga serie di comprensibili motivi, ma che troppo spesso si fanno abbindolare da sciacalli implacabili sempre pronti a cavalcare la furiosa (e spesso cieca) indignazione dei social network?