“Togliete il cavalierato a Mauro Moretti”. L’appello dei familiari delle vittime della strage di Viareggio arriva dopo la sentenza del tribunale di Lucca, che ha condannato per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo gli ex vertici di Rete Ferroviaria Italiana e Trenitalia. Tra questi anche Moretti, oggi a capo di Leonardo (l’ex Finmeccanica) e all’epoca della strage, il 29 giugno 2009, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. L’onorificenza di cavaliere del lavoro gli fu conferita dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2010, quando era già indagato per la strage di Viareggio. “Come si fa a dare un cavalierato del lavoro a uno che è stato condannato per la morte di 32 persone?” chiede Marco Piagentini, in una sala della circoscrizione del quartiere Marco Polo, a Viareggio. Qui da anni, ogni mese, si riuniscono i familiari, venti alla volta: l’assemblea di oggi è piena di telecamere. “Come si può lasciare a ricoprire cariche statali chi è stato condannato per questi reati? Così come Moretti, anche Giulio Margarita, che, come tutti sapete, oggi è all’Ansf, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria. La politica deve rispondere di questo”. Piagentini, rappresentante dei familiari, torna a parlare di prescrizione, in arrivo tra un mese per i due reati di incendio colposo e lesioni colpose plurime gravi e gravissime, le stesse che lo hanno costretto a 60 operazioni e a dolorosissime pratiche di asportazione della carne nel suo calvario che lo ha riportato lentamente alla vita. Una vita senza più due figli, senza la moglie e sempre al riparo dal sole.
Piagentini insiste, rivolgendosi agli imputati eccellenti. L’aveva detto alla vigilia della sentenza, l’ha ribadito dopo la sentenza, lo ripete ora: “Che i condannati rinuncino alla prescrizione se veramente vogliono la verità come hanno sempre detto e se veramente si sentono così non colpevoli. Vedremo nei prossimi giorni se qualcuno rinuncerà alla prescrizione”. Quanto alle condanne – più basse rispetto alle richieste dei pm – i familiari aspettano di leggere le motivazioni, ma non si accontentano. “Saremo noi a ricorrere in appello perché non ci basta quello che è stato detto ieri. Perché, per la qualità e la quantità dei documenti prodotti dal lavoro disumano di questa Procura, e per le richieste di pena fatte dai pm, quelle richieste devono arrivare a essere complete”.
La sentenza del tribunale di Lucca è stata definita da Armando D’Apote, uno dei difensori di Mauro Moretti, “populista”. Una “affermazione offensiva sia per noi che per il tribunale di Lucca. Quella parola il signor D’Apote può anche rimangiarsela” ribatte Daniela Rombi, che nella strage perse la figlia Emanuela, 21 anni, dopo 41 giorni di agonia.
Accanto a Marco e Daniela, questa mattina, ci sono tutti i familiari delle 32 vittime. E il ferroviere viareggino Riccardo Antonini, licenziato da Rfi a due anni dalla pensione perché si rifiutava di interrompere la propria consulenza gratuita a una famiglia colpita dalla strage, durante la fase delle indagini.
Davanti ai giornalisti, Piagentini ricorda anche il suo caso: “Si parla di garantismo in Italia. Questo è solo il primo grado e bisogna aspettare il secondo e il terzo? Bene. Riccardo Antonini è stato licenziato ancora prima della sentenza di primo grado. Allora come funziona il garantismo in Italia, solo a senso unico? Adesso aspettiamo lo Stato, le istituzioni e chi opera nel governo, che prenda gli stessi provvedimenti. Questo sarebbe il garantismo. Il resto sono solo chiacchiere”.
Infine, Piagentini torna a battere sul tema sicurezza, che, insieme alla giustizia, è l’unico che sta a cuore ai familiari: “Viareggio non è un cigno nero, non è un meteora, non è stata una casualità. Potevano intervenire, c’era la tecnologia, non l’hanno voluto fare”.