La donna è stata formalmente accusata anche di aver ucciso Maria Rita Clerici e di Luciano Guerra, padre del marito della donna. La contestazione è arrivata dopo due giorni di interrogatori in carcere a Como
Due mesi fa gli arresti dell’infermiera e dell’anestesista dell’ospedale di Saronno accusati lei della morte del marito e lui della morte dei pazienti che venivano ricoverati al Pronto soccorso. Ora Laura Taroni è accusata anche dell’omicidio di sua madre e del suocero. Dalle intercettazioni era emerso che la donna avesse potuto sbarazzarsi anche di altri familiari. Le indagini sono proseguite senza sosta (sono state sequestrate 50 cartelle cliniche dopo gli arresti) per capire quanti avessero perso la vita per mano della donna e del suo amante che amava definirsi “angelo della morte”. Intanto il pm ha anche ottenuto dal Tribunale del Riesame di Milano gli arresti domiciliari per Nicola Scoppetta, ex direttore del pronto soccorso indagato per omessa denuncia e favoreggiamento, che erano però stati respinti dal gip che comunque nell’ordinanza di custodia cautelare aveva scritto della piena consapevolezza dei vertici della struttura.
L’infermiera accusata dell’omicidio della madre e del suocero
La donna è stata formalmente accusata anche dell’omicidio della madre e del suocero dopo l’interrogatorio, durato due giorni, avvenuto nel carcere di Como. La procura di Busto Arsizio, guidata da Gianluigi Fontana, contesta l’assassinio di Maria Rita Clerici e di Luciano Guerra, padre del marito della donna. Queste accuse erano contenute nella richiesta dei pm ma erano state rigettate dal giudice per le indagini preliminari. Alla donna sono contestati anche i reati di lesioni e falso ideologico. “Si precisa – sottolinea il procuratore Fontana – che alla signora Taroni non sono attribuiti omicidi nell’ambito del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Saronno”. “Ce lo aspettavamo – dice l’avvocato Monica Alberti – Le accuse erano contenute negli atti della Procura ed erano già oggetto di indagine. Comunque la mia assistita ha risposto ad ogni domanda che le è stata posta, e come avevamo già annunciato ha fatto chiarezza su ogni aspetto”.
Laura Taroni, in complicità con il medico-amante (a cui a sua volta sono stati contestati i reati di omicidio nell’ambito dell’inchiesta sulle morti in corsia a Saronno) è accusata di aver somministrato sia al suocero, sia alla madre, dosi di farmaci eccessive, con il preciso scopo di uccidere i due anziani. Lo avrebbe fatto, in accordo e in concorso con Cazzaniga, in tempi diversi: prima nei confronti del suocero, al quale avrebbe somministrato sedativi e calmanti in misura eccessiva (l’uomo morì poi in ospedale a Saronno); poi nei confronti della madre, che negli ultimi anni era andata a vivere a casa della figlia a Lomazzo, dove è morta. Le indagini hanno accertato che il dottor Cazzaniga aveva messo a punto un suo “protocollo”, un cocktail di farmaci, composto da potenti sedativi, in modo da uccidere lentamente. Secondo l’accusa, cominciava a somministrare i suoi cocktail letali ai pazienti ritenuti irreversibili fin dal loro arrivo al Pronto Soccorso.
Domiciliari per ex primario Scoppetta
Il Riesame quindi ha disposto i domiciliari per l’ex direttore del pronto soccorso dell’ospedale di Saronno. L’avvocato Massimo Pellicciotta, ha annunciato che farà ricorso in Cassazione. Il medico rimane comunque a piede libero, in attesa di una decisione da parte della Corte Suprema.
Il 3 dicembre il medico, convocato per essere interrogato, non si era presentato. All’epoca dei decessi il camice bianco non solo era il diretto superiore di Cazzaniga ma anche membro della Commissione interna di vigilanza. Eppure Scoppetta di circostanze da chiarire ne avrebbe avute molte. A cominciare dal perché “non ha proceduto a un’analisi concreta dei singoli casi allo scopo di dimostrare se i dosaggi scelti da Cazzaniga fossero conformi e si è limitato a una sbrigativa affermazione di assenza di criticità”, scrivevano i consulenti della Procura. Gli inquirenti infatti puntano a chiarire le responsabilità dei membri della Commissione interna dell’ospedale che, dopo le segnalazioni di due infermiere, doveva indagare sull’operato di Cazzaniga, visto che in molti all’interno del reparto erano a conoscenza del suo “protocollo” mortale.