Approderà in aula il 3 ottobre il processo sul crac della compagnia lowcost italiana. Il Gup di Catania accoglie le richieste del pm e rinvia a giudizio i presunti responsabili della frode perpetrata attraverso il "maquillage" dei conti e dei valori
Un marchio stimato 319 euro nel 2004 che l’anno successivo è venduto per 10 milioni di euro a una società dello stesso gruppo, fatture “gonfiate” per creare fondi, relazioni di revisori dei conti retrodatate. Era la gestione di Wind Jet, secondo la Procura di Catania, che ha portato al rinvio a giudizio di 17 persone nell’inchiesta su una presunta bancarotta fraudolenta della compagnia aerea low cost. La decisione è del Gup di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, che ha accolto le richieste dei Pm Alessandro Sorrentino e Alessandra Tasciotti, nei confronti di tutti gli indagati dell’operazione “Icarò” della guardia di finanza, che aveva portato agli arresti domiciliari nel gennaio del 2016, poi revocati a giugno dello stesso anno, per l’allora presidente della compagnia aerea, Antonino Pulvirenti, ex patron del Calcio Catania. La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 3 ottobre davanti la prima sezione penale del Tribunale di Catania.
Wind Jet, che nel 2009 era la prima compagnia low cost in Italia, con tre milioni di passeggeri, in realtà, sostiene la Procura di Catania, non poteva volare da anni perché, spiegano i Pm, “nel 2005 il suo bilancio aveva un passivo di 600 mila euro che tecnicamente non le permetteva di operare”. Poi, con una serie di “operazioni di maquillage di bilancio, con una bancarotta che si è dipanata negli anni”, grazie anche “a controllori che non hanno controllato”, si è tenuta la compagnia aperta.
La Procura contesta la vendita alla Meridi, società del gruppo Pulvirenti, del marchio di Wind Jet per 10 milioni di euro: una supervalutazione visto che nel 2004 in bilancio era stimato 319 euro. Poi ricomprato per 2,4 milioni. Oppure, come emerge da indagini della guardia di finanza, nell’acquisto di un pezzo di motore che, si legge nelle mail tra società, ha uno show price (prezzo esposto) di 1,5 milioni di dollari, con tanto di fattura retrodatata, mentre il prezzo reale era di 700 mila dollari.
Agli atti dell’inchiesta anche la sopravalutazione operata da due imprenditori stranieri dei rottami dell’aereo incidentato nel 2010 in un atterraggio all’aeroporto di Palermo: danni stimati in oltre 21 milioni di euro a fronte di un valore riconosciuto dalla società assicuratrice di circa 600 mila euro. E fari anche su un mutuo acceso da Wind Jet per pagare 1,8 milioni di debiti con Finaria.
Pulvirenti e Rantuccio, tramite i loro legali, hanno sempre negato “condotte distrattive del bilancio”. La pressione dei debiti è emersa con forza nell’agosto del 2012, sette mesi dopo che salta un’accordo di vendita della compagnia ad Alitalia. Gli aerei a terra, a fronte di 20milioni di euro incassati con biglietti già emessi, e 500 dipendenti a casa. Un fallimento evitato con l’accesso, nel maggio del 2013, a un concordato preventivo per fare fronte a un passivo di 238 milioni di euro e a un debito con l’Erario di 43milioni. Da lì è partita l’inchiesta della Procura di Catania che a ottobre approderà nell’aula di un Tribunale.