Politica

Virginia Raggi, riflessioni sparse

Molti di voi mi chiedono di scrivere “qualcosa” su Virginia Raggi. In realtà non ne ho granché voglia. Un po’ perché il tema mi appassiona pochissimo e un po’ perché io stesso non ho ancora le idee chiare. In ogni caso, avendo due o tre minuti di tempo tra una sessione di trampling con Rosario Dawson in tacco 12 Jimmy Chooo e una jam session con Roger Waters, ci provo.

Partiamo da tre premesse.

1. Ho sempre scritto, e sempre detto, che i M5S avrebbero dovuto “sperare di perdere” a Roma. La Taverna aveva detto male una cosa verissima: chi vince a Roma ha più sfiga di Perin. Invece hanno vinto. Al tempo i 5 Stelle festeggiarono, ma non c’era nulla da festeggiare. Proprio nulla. Ne consegue che tutto questo mi stupisce come la bellezza di un assolo di Stevie Ray Vaughan. Quindi non mi stupisce per niente.

2. Larga parte dei casi (veri: non quelli inventati) che riguardano Virginia Raggi li ha scoperti Il Fatto Quotidiano. Chi lo ritiene l’house organ del M5S, vada a sculacciare i billi della Valdichiana. O in alternativa vada affanculo: agile, in scioltezza.

3. Se l’informazione italiana avesse fatto (giustamente) le pulci alla Raggi come quasi mai (ingiustamente) ha fatto alle altre forze politiche, non saremmo nel rondolino in cui siamo. C’è un accanimento contro la Raggi, e un sadismo, allucinanti: di grazia, tra una polizza e uno stocazzo, parlateci anche di Consip e Lotti. Così, anche solo per darci il brivido della libertà di informazione.

Ciò detto, il punto vero è questo: non credo che Virginia Raggi sia in grado di governare Roma. Non l’ho mai pensato e ogni giorno che passa mi rafforzo in questa convinzione. Non lo dico per le vicende giudiziarie, tutt’altro che trascendentali (Marra) quando addirittura – al momento – inesistenti (polizze). E non lo dico neanche per le sue millantate – dai media misogini & faziosi – doti di Messalina Capitolina. Lo scrivo perché, al netto degli attacchi continui e del fatto che ha tutti contro (ma questo lo sapeva anche prima di candidarsi), Virginia Raggi ha commesso non pochi errori. Concordo con Marco Travaglio quando scrive che “noi italiani siamo sempre condannati a scegliere fra i mascalzoni e i coglioni”. Ora: io non credo minimamente che la Raggi sia “mascalzona” (alcuni dei suoi collaboratori sì, e lei li difendeva fino a ieri). Credo però che, come sindaca della città più importante (e difficile) d’Italia, sia parsa fin d’ora politicamente “cogliona”. Se abbiamo capito male noi, è ora – dopo otto mesi – di farci cambiare idea. Se invece abbiamo capito bene, è tempo di ammettere che l’impegno che le è caduto addosso è molto (troppo) più grande di lei. Sarebbe umano: la attendeva un miracolo, e i miracoli su questa Terra li faceva solo Van Basten a Euro 88.

Virginia Raggi ha sbagliato a scegliere troppi collaboratori. La sua comunicazione, spesso, sembrava gestita dal Poro Schifoso. Ha tutti i poteri (marci) contro. Ha quasi tutti i media (a prescindere) contro. La storia del sabotaggio del rivale De Vito prima delle “Comunarie” permane nebulosissima. E poi, e soprattutto: il M5S romano sembra l’Asilo Mariuccia. Da una parte il Raggio Magico, con troppi figuri che ne facevano parte o che magari l’hanno “scalato” (do you know Studio Sammarco?) Dall’altra l’opposizione interna, su tutte la sciagura politica Lombardi. Quella che 4 anni fa bruciò un milione di voti facendo la splendida (va be’) con Bersani. Quella che, secondo un retroscena del Corriere della Sera, sarebbe per Beppe Grillo la “gola profonda” del Movimento e che avrebbe tramato con i giornalisti per bombardare la rivale. Magari il retroscena è una cazzata: una delle tante. Di sicuro il M5S romano non è spaccato: è devastato da livide rivalità interne, che la prima o seconda forza politica nazionale non può permettersi.

Virginia Raggi appare comprensibilmente stremata e dire “lasciatela lavorare”, come ripetono i grillini più sordi alle critiche, serve a poco. Era quel che diceva Iva Zanicchi quando attaccavano Berlusconi: “Lasciatelo lavorare” (ma anche no). Durante le otto ore di interrogatorio di giovedì, pare che la Raggi sia svenuta. Lei stessa, prima di essere (ri)confermata da Grillo, ha ammesso di avere pensato alle dimissioni e che tutte queste difficoltà “avrebbero sfiancato anche un toro”. Intende andare avanti: se crede di farcela, fa bene. Auguri. Chi si aspettava risultati straordinari dopo soli otto mesi, considerando le macerie lasciate da centrosinistra e centrodestra, è un collezionista di disonestà intellettuali.

Ciò detto e ribadito, Virginia Raggi non mi pareva né mi pare in grado di governare Roma e, ancor più, questa Roma. Un simile stillicidio così non fa tanto male al M5S, che non scende nei sondaggi perché se l’alternativa sono Renzi e Salvini possono stare (quasi) tranquilli: un simile stillicidio fa male alla Raggi stessa e, più ancora, a una città che ha un bisogno disperato di essere governata (bene). O la Raggi cambia di colpo marcia, trovando forze e risorse (sue e della sua squadra) che al momento non si intravedono: oppure è tempo di staccare la spina. A quel punto vincerà probabilmente (non sicuramente) Giorgia Meloni. E vedremo se lei sarà più avvezza ai miracoli della Raggi.