Sette mesi dopo l'incidente sulla linea Andria - Corato , non sono arrivati neanche i 200mila euro garantiti a prescindere dalle necessità economiche. Colpa di burocrazia e lentezza delle istituzioni. Con il rischio che le famiglie con minori disponibilità potrebbero avere necessità di chiudere gli accordi transattivi con Ferrotramviaria, rinunciando a qualsiasi richiesta di risarcimento futura. "Tutto questo è inammissibile e preoccupante", accusano i legali
Avrebbe dovuto essere il modo per riempire di contenuto quel “non vi lasceremo soli” pronunciato da Matteo Renzi poche ore dopo l’accaduto. Ma l’aiuto economico per le famiglie dei 23 morti dello scontro tra due treni sulla Andria-Corato è bloccato. Mogli, figli, fratelli e sorelle delle vittime non hanno visto neanche un euro dei 10 milioni promessi e poi effettivamente stanziati poche settimane dopo il disastro ferroviario dello scorso 12 luglio. Sette mesi dopo l’incidente, non sono arrivati neanche i 200mila euro garantiti a prescindere dalle necessità economiche. È tutto bloccato per colpa di burocrazia e lentezza delle istituzioni. Con un rischio sempre più impellente e serio: le famiglie con minori disponibilità economiche, in difficoltà, potrebbero avere necessità di chiudere gli accordi transattivi con Ferrotramviaria, che gestiva la linea Bari-Barletta. Accettare quei soldi vorrebbe dire rinunciare a qualsiasi richiesta di risarcimento nei confronti dei responsabili dell’incidente e non seguire attivamente il processo. “Tutto questo è inammissibile e preoccupante“, accusano i legali.
Fondo esistente e finanziato – Eppure il fondo esiste ed è già finanziato grazie a una dotazione speciale risalente alla Stabilità 2015. La norma, proposta dall’onorevole Francesco Boccia, era stata inserita nel decreto legge Enti locali, ad agosto. L’articolo 5-bis autorizzava la spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2016 “ai fini della corresponsione di speciali elargizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro ferroviario” e “di coloro che hanno riportato lesioni gravi e gravissime”. A ciascuna famiglia, si legge nel testo, è attribuita una somma non inferiore a 200mila euro, “che è determinata tenuto anche dello stato di effettiva necessità”. Quindi, in nessun caso, meno di quella cifra. Certa e sicura per ogni vittima, quindi erogabile in breve tempo, al coniuge, ai figli, ai genitori, a fratelli e sorelle secondo un grado di parentela già stabilito. Tutto esente da imposte e tasse e “in aggiunta ad ogni altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo”. Inoltre, anche i feriti dovrebbero ricevere una somma “in proporzione alla gravità delle lesioni subite e tenuto conto dello stato di effettiva necessità”. La gestione del fondo, stabiliva già la legge, spetta alla Presidenza del Consiglio, d’intesa con i sindaci dei comuni di residenza delle vittime e dei feriti.
“Si sta accumulando ritardo” – E qui si è incagliato tutto. Per colpa di chi, ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto agli attori chiamati in causa. La Presidenza del Consiglio, interpellata venerdì mattina, fugherà i dubbi solo nei prossimi giorni: i soldi sono effettivamente disponibili? E quali passaggi mancano per completare l’iter? Chi o cosa ha causato i rallentamenti? Quanto tempo ci vorrà ancora per erogare il contributo? Risposte chiare sono arrivate invece dal sindaco di Andria, Nicola Giorgino: “È vero, si sta accumulando un po’ di ritardo. Avevamo chiesto di anticipare subito i 200mila euro, proposta passata al vaglio della presidenza del Consiglio. Ci hanno scritto 20 giorni fa per richiederci la documentazione, inviata la scorsa settimana”. Giorgino – assieme a Massimo Mazzilli, primo cittadino di Corato – è entrato a far parte della commissione che dovrebbe stabilire come le risorse oltre la soglia minima dei 200mila euro vadano distribuiti alle famiglie delle vittime e ai feriti.
Il primo (e unico) incontro a ottobre – Ma il lavoro appare in alto mare: “Abbiamo fatto un solo incontro a ottobre presso la segreteria generale della Presidenza del Consiglio – spiega il sindaco di Andria – Oltre a noi, c’erano i rappresentanti del ministero dell’Interno e del Lavoro, oltre ad esperti in materia di invalidità dell’Inail. Doveva giungere un provvedimento formale per la formazione della commissione. Ad oggi non è arrivato”. È in quella sede che i due sindaci – per conto dei 18 comuni di residenza delle vittime – chiedono l’anticipazione dei 200mila euro. Sono trascorsi tre mesi. La risposta, sostiene Giorgino, è arrivata solo venti giorni fa e chiede una dettagliata documentazione. La motivazione di ottenere in tempi rapidi la somma minima garantita è chiara anche al primo cittadino andriese: “Se Ferrotramviaria propone degli accordi transattivi, chi versa in condizioni di disagio economico tenderà ad accettare. Con i 200mila euro, invece…”.
Il legale: “Inammissibile e preoccupante” – Il disagio e la difficoltà nel dire no alle offerte di Ferrotramviaria sono ben conosciute anche dai legali dei parenti delle vittime. “È inammissibile che a sei mesi di distanza dall’approvazione della legge istitutiva del fondo non sia ancora stata ufficialmente avviata l’istruttoria e di conseguenza non sia stata erogata neanche la prima tranche. Tutti i dati sono nella piena disponibilità della Procura fin dalle prime settimane successive al disastro e di conseguenza sono note anche alle alte istituzioni”, si sfoga l’avvocato Renato Bucci che assiste tre parenti di due vittime e due feriti. “Quel fondo è stato pensato proprio perché le famiglie, grazie ad un’adeguata forza economica, fossero libere di scegliere se negoziare o meno con i soggetti che speriamo paghino il danno nella sua interezza – continua il legale – Così invece, soggette a proposte transattive irrisorie e insufficienti, potrebbero vedersi costrette ad accettarle poiché si trovano in un persistente stato di bisogno”. E c’è poi il lato della ricerca della verità nel processo, con l’inchiesta che dovrebbe essere vicina alla chiusura. Fonti investigative parlano di un primo filone d’indagine in dirittura d’arrivo entro la fine della primavera: “I miei assistiti hanno interesse a costituirsi parte civile – conclude Bucci – perché vogliono seguire il processo per una questione di giustizia. Bisogna garantire loro la possibilità di affrontarlo con serenità”.