Capi di bestiame dispersi, morti e sotto stress. Che non producono più latte, non mangiano abbastanza o sono troppo deboli per affrontare la gestazione. Prima il sisma, poi la neve hanno messo in ginocchio gli allevatori del Centro Italia. “Stavolta è davvero dura", dicono. E parlano di aiuti inadeguati e soluzioni inefficaci calate dall'alto: "Non decidano a Roma, vengano qui e parlino con noi"
A due settimane dalle scosse che hanno di nuovo colpito il Centro Italia, e che insieme alla neve hanno messo in ginocchio molti comuni appenninici di Lazio, Abruzzo e Marche, gli allevatori locali si ritrovano nel bel mezzo di un’emergenza che inizialmente è stata sottovalutata, e ora si preannuncia lunga e faticosa come non mai. “Siamo gente di montagna, a rialzare la testa dopo una batosta siamo abituati: ma stavolta è davvero dura”, dicono in tanti. Qualcuno – ci si basa su singole testimonianze, perché per avere un quadro puntuale è ancora presto – decide di mollare, vendere stalle e bestiame e trasferirsi in città: L’Aquila, Ascoli, Rieti, Roma. Altri invece non desistono: “Ci siamo nati e cresciuti, quassù. Ma pretendiamo che le istituzioni ci aiutino: subito, ora”.