Quante saranno, nella storia, le band capaci di deludere i propri fan? Un disco sbagliato, una dichiarazione inopportuna, oppure un nuovo corso mal digerito. Potrebbero tali azioni essere sufficienti per mettere in discussione un rapporto – fino a quel momento – imprescindibile ? È risaputo, “tra le pieghe”, l’amore, cela il suo contrario; entro quei risvolti, “l’odio” serpeggia strisciante, oscurando all’improvviso, memoria e sentimenti.
Vengono (non a caso) alla mente gli U2. Bono e soci (un tempo, gruppo preferito del sottoscritto), come ampiamente riportato dalle cronache, tornano in tour con la riproposizione per intero di The Joshua Tree.
Il trentennale del disco agita e non poco i fan, soprattutto le nuove generazioni, le quali troveranno finalmente l’occasione per assaporare “i veri U2”. Il tour è pensato, infatti, per celebrare un disco che oltre a essere una pietra miliare della musica, ha segnato indelebilmente la carriera dei quattro dublinesi.
Per chi invece, trent’anni fa, era presente alla tournée, partita all’indomani della pubblicazione dell’album, potrebbe essere l’occasione per fare pace con la band. I fan della prima ora, o quantomeno una sostanziosa parte, non hanno certo perdonato la deriva commerciale partorita dopo gli anni in questione; le occasioni da loro fornite per rinnegare quel “fuoco indimenticabile”, si sono rivelate, nel tempo, costanti e numerose: dischi sbagliati, operazioni commerciali inopportune, prese di posizione, gli U2 da oltre vent’anni, non ne azzeccano una. Conviene dunque guardare al passato aureo dei nostri, il tour del trentennale, in fondo, mette tutti d’accordo.
Dopo aver letto queste parole, qualcuno sarà pronto nel sostenere che, quando si parla di Bono e compagni, a essere citate siano sempre le solite questioni. Non la pensa così Harry Browne (libero docente del Dublin Institute of Technology), il quale prontamente, consiglierebbe di leggere The Frontman, un panphlet da lui scritto dove non solo zittisce chi ancora li difende ma demolisce letteralmente il mito degli U2, elencando una serie di “fatti e misfatti” da lasciare senza fiato. Il libro è un’analisi approfondita e spietata sui progetti filantropici di Bonovox e sull’impero affaristico degli U2; seppur i meriti del successo musicale non siano sottesi, dopo averlo letto, vi chiederete spontaneamente quanta voglia avrete ancora di cantare “nel nome dell’amore”.
Forse nel mondo della musica rock non vi è spazio per la morale? Se ritenete che Bonovox non meriti “il tempo di un libro”, troverete certamente un momento per leggervi un post di un certo Daniele Stefanini per Dailybest. Trattasi di un excursus interessante, sulla carriera dei quattro. Seppur sia riscontrabile qualche eccesso di zelo, il pezzo illumina, tanto da condividerlo senza timori di sorta.
Il solito dj qualunque ha seguito gli U2 in lungo e in largo per il mondo, fino a quando, “tra le pieghe dell’amore”, ha scoperto ciò che si definisce il suo contrario; entro quei risvolti, l’odio, all’improvviso, ha oscurato memoria e sentimenti.
9 canzoni 9 … tra le pieghe dell’amore
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