Le (ennesime) critiche di Wolfgang Schäuble, che ha dato la colpa alla politica espansiva della Banca centrale europea per il tasso di cambio “troppo basso” che secondo Donald Trump avvantaggia la Germania? “E’ comprensibile che i politici prima delle elezioni esprimano delle opinioni sulle politiche monetarie”. Mario Draghi cerca di abbassare i toni e evita la polemica con Berlino, in pieno clima da campagna elettorale in vista del voto di settembre per eleggere i membri del nuovo Bundestag. “Una conversazione cortese sarebbe certo preferibile che puntare il dito”, ha detto Draghi rispondendo a un europarlamentare durante il suo intervento davanti al comitato Affari economici e monetari. “Ma i banchieri centrali indipendenti li sentono senza ascoltarli”.
Nei giorni scorsi il ministro delle finanze tedesco, in un’intervista al quotidiano Tagesspiegel, ha ribattuto all’amministrazione Trump che ha accusato la Germania di manipolare il tasso per favorire l’export tedesco dicendo che il tasso di cambio dell’euro è effettivamente “troppo basso per la posizione competitiva dell’economia tedesca” e che “quando il presidente della Bce Draghi ha varato la politica espansiva della Bce gli ho detto che questo avrebbe portato in alto il surplus dell’export della Germania”. “Avevo promesso di non criticare pubblicamente questa politica – ha aggiunto tra l’altro – ma io non voglio essere criticato per le sue conseguenze“.
L’ex numero uno di Bankitalia, ben consapevole del fatto che i socialdemocratici tedeschi sono in rimonta mentre punti l’alleanza Cdu-Csu che sostiene l’attuale Cancelliera perde terreno, non solo ha evitato di entrare in rotta di collisione con Schäuble ma ha anche difeso la Germania dagli attacchi Usa, dicendo che il Paese ha sì un surplus commerciale negli scambi bilaterali “ma non lo utilizza per speculare” sul cambio della moneta. Per Draghi, il tasso di cambio riflette le condizioni economiche e, nello specifico, la forza dell’economia tedesca. Che, come l’Irlanda e l’Olanda, ha fatto “molto bene” nel superare la crisi. E questo “grazie alle riforme strutturali fatte” che hanno reso le rispettive economie “più forti e più flessibili”.