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Dalla guerra in Liberia all’esilio in Niger, ora Boby riposa nella tomba di sabbia

L’hanno scavata in nove con le pale in dotazione al cimitero di mattina presto. Il tempo di arrivare con il taxi dopo aver annaspato a lungo prima di trovare i soldi della corsa di andata e ritorno. Lunga e profonda a sufficienza per custodire il feretro. Una tomba scavata nella sabbia nel nuovo cimitero cristiano della capitale del Niger, Niamey, che non fa storie per ricevere i migranti. Non gli costa nulla dare loro un posto democratico accanto ai cittadini ordinari.

Boby era nato quarant’anni fa in Liberia nel mentre della guerra senza fine. Una vita fuggendo la guerra, con la guerra che fugge la vita appena possibile. Finisce infine il 31 gennaio nella tomba di sabbia senza visto d’ingresso e permesso di soggiorno.Una tomba squadrata e profonda quanto basta per contenere nel grembo sabbioso il corpo di Boby, deposto con cura nel feretro costruito per l’occasione dal falegname. Era rimasto in cella frigorifera per tre giorni, domenica compresa. Hanno lavato il corpo innaffiandolo neanche fosse l’ultimo fiore dell’anno prima di fargli indossare un vestito stirato per la circostanza. La maglietta deposta sul petto.

Prima di lui hanno pulito e poi arrotolato in una stuoia il corpo quasi pallido di un bimbo senza età. Il padre lo ha stretto tra le braccia e portato lontano, fino al cimitero musulmano dall’altra parte della città. Dopodiché hanno deposto a fatica il corpo di Boby nel feretro di compensato rafforzato da listelli incrociati senza scopo. I chiodi erano pronti per chiudere il coperchio dopo aver gettato l’ultimo sguardo al compagno appena partito dall’esilio all’altra terra.

Latte e miele scorrono senza soluzione di continuità e l’acqua scivola cantando tra le rocce della foresta trasformata in giardino a seconda dei giorni e delle stagioni. Nella tradizione locale musulmana solo gli uomini hanno il diritto di stare accanto ai corpi dei defunti e di accompagnarli per la sepoltura. Alle donne va la nascita e agli uomini spetta di diritto la morte, almeno finora, visto che la storia è fatta di guerre e nascite occasionali. Il feretro portato dagli amici fino al camioncino pronto per il trasporto con il vigile a fermare il traffico davanti alla porta d’uscita dell’obitorio. Le luci lampeggiano nel viaggio e i veicoli che si incrociano dalla parte opposta si fermano per tradizione ormai consolidata di solidarietà tra viventi.

Quarant’anni di deserto e nessuna terra all’orizzonte. Il destino di Boby si è scritto su sentieri smemorati e piste carovaniere clandestine per aggirare i controlli della polizia di frontiera. Il Giordano e il Niger sono gli unici fiumi che ha attraversato forse senza saperlo. Più nessuno fa cadere le mura della città di Gerico che circondano l’Occidente. L’acqua per dissetare la sabbia della tomba e la preghiera di addio della moglie di Boby il cui nome, Sim, significa ‘gemella’ nella lingua della sua gente. Lei ha lasciato due figli in patria anni fa. Uno di loro si è stancato di aspettare il suo ritorno di madre. Di suo marito ora porta la traccia nella carne di donna e provvisoria sposa. Il test del sangue l’ha designata positiva. Alla notizia annuisce in silenzio, come se ciò fosse noto da sempre.

Alla fine gli stessi che hanno scavato, riempiono la buca di terra. Ha cominciato lei col buttare una manciata di sabbia che ha solo sfiorato il feretro facendo vibrare il silenzio dell’esilio. Prima di partire c’è chi pianta nella sabbia un ramo secco senza spine. Fiorirà la prossima stagione delle piogge, a forma di croce.