Energici, talvolta feroci, i Fask hanno oggi un’identità e uno stile riconoscibili, ingredienti fondamentali per essere una band rock italiana credibile. La rabbia primigenia rimane, basta ascoltare pezzi come Asteroide, Ignoranza o Annabelle per rendersene conto, ma l’energia del r’n’r non è più nella velocità d’esecuzione o nell’approccio punk, ma nella composizione e nella scrittura, segno di una avvenuta maturazione”. Qui l’intervista ad Aimone Romizi, frontman della band.
Aimone, per il vostro ultimo album, Alaska, siete partiti per un tour di circa 80 date, registrando numerosi sold out nei più importanti live club d’Italia, oltreché una crescita a livello professionale.
Quando abbiamo finito il tour di Alaska ci siamo fermati del tutto e pensavamo che sarebbero passati anni prima dell’uscita di un nuovo album. Ma un mese dopo ci siamo ritrovati in sala prove, all’inizio senza una motivazione, se non quella di voler suonare. Quindi, di partenza, è un disco diverso dagli altri, libero dalle tempistiche ma anche dal punto di vista musicale. Libero dagli standard che seguivamo qualche anno fa. Ci siamo presi più tempo per scrivere i pezzi, e il risultato è un disco meno di getto, ma scritto più velocemente rispetto agli altri.
Perché avete scelto questo titolo? E se non è la felicità, cos’è?
È una domanda a cui non sappiamo rispondere, perché forse non vogliamo trovarla una risposta e preferiamo rimanere in questo limbo, in cui possiamo aspirare a qualcosa di felice, ma è come se ci sentitissimo in cammino, immersi in quel percorso che ci porterà alla felicità.
L’attesa della felicità è essa stessa felicità, parafrasando un celebre spot.
Esattamente, e il titolo che abbiamo scelto sta proprio a indicare questa condizione di limbo in cui ci troviamo, dove c’è il momento in cui ti senti il re del rock and roll e un paio di giorni dopo sei a casa che pulisci la sala prove che si allaga continuamente.
Come sono nate le canzoni?
Mentre negli altri dischi c’era un messaggio unitario, in quest’ultimo le canzoni sono più legate a sensazioni e momenti vissuti. Non siamo mai stati capaci di carpire la società e descrivere quello che oggettivamente vediamo, siamo più concentrati su noi stessi e sulle nostre visioni e sensazioni. Per esempio un paio di canzoni le ho scritte durante un viaggio in Alaska alla fine del tour del disco precedente. Testi legati alla natura, quindi, ispirati da spazi enormi e dalle querce secolari che dominano il panorama.
Da cosa si differenzia rispetto agli altri album che avete inciso?
Credo che la title track sia la canzone che realmente denota un distacco dai dischi precedenti: è una canzone che mantiene la rabbia primigenia della band, però allo stesso tempo, è anche una canzone che rallenta. Forse non è la felicità, brano che chiude il disco, può esser considerato la canzone-manifesto dell’album. E non vediamo l’ora di suonarlo dal vivo.
Queste le date del nuovo tour dei Fast Animals and Slow Kids:
04-mar Arezzo Karemaski
10-mar Santa Maria Vico (CE) Smav
11-mar Sant’Egidio alla Vibrata (TE) Paladejavu
18-mar Milano Alcatraz
25-mar Roma Monk
31-mar Torino Hiroshima mon amour
01-apr Bologna Locomotiv
07-apr Roncade (TV) New Age
08-apr Firenze Flog
14-apr Cagliari Fabrik
21-apr Sommacampagna (VR) Emporio Malkovich
22-apr Perugia Urban
25-apr Genova Supernova
28-apr Bari Demodé