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Consulta conferma divieto di spedire e ricevere libri e giornali dall’esterno per detenuti al 41 bis

La questione era arriva all'attenzione della corte Costituzionale attraverso un magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che aveva raccolto l'appello di un detenuto in regime di 41 bis a Terni
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È corretta la norma che consente al Dap di vietare ai detenuti sottoposti al 41 bis di ricevere libri e riviste. Lo ha deciso la Corte Costituzionale con la sentenza di oggi dichiarando “non fondata” la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e lett. c), della legge 26 luglio 1975, n. 354. I detenuti possono leggere i libri a disposizione nelle strutture in cui sono ristretti.

L’articolo – si legge in un comunicato della Consulta – consente in particolare all’amministrazione penitenziaria, in base a circolari ministeriali del Dap “di adottare, tra le misure di elevata sicurezza interna ed esterna volte a prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di appartenenza, il divieto di ricevere dall’esterno e di spedire all’esterno libri e riviste a stampa”.

La questione era arriva all’attenzione della corte Costituzionale attraverso un magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che aveva raccolto l’appello di un detenuto in regime di 41 bis a Terni. Al centro c’è appunto l’articolo 41 bis – e in particolare il comma 2 – dell’ordinamento penitenziario, che consente all’amministrazione penitenziaria di adottare circolari e disposizioni che impediscano ai detenuti sottoposti al carcere duro, di ricevere dall’esterno o spedire all’esterno libri e riviste.

Sulla questione era intervenuta l’Associazione Antigone: “Vietare libri, riviste, giornali ai detenuti significa vessare, non prevenire. Anzi, se solo quei detenuti avessero letto più libri anche da liberi forse avrebbero commesso meno crimini mafiosi” aveva affermato il presidente Patrizio Gonnella. “In primo luogo – diceva Gonnella – grazie al magistrato Fabio
Gianfilippi che ha posto la questione davanti alla Corte. Il diritto a informare ed essere informati, il diritto alla formazione della propria coscienza, il diritto allo studio, il diritto alla libertà di opinione e pensiero non c’entrano nulla con la prevenzione del fenomeno mafioso”.

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