Secondo il ministro sui veicoli della casa italoamericana che sono stati testati “non è stato riscontrato alcun sistema di manipolazione 'defeat device' non ammesso dalla vigente normativa". Ma la sua definizione di defeat device vietato è diversa da quella che ne danno le norme europee
“Privilegi a Fiat? Non è vero”. E ancora: “Sulle emissioni l’Italia non ha nulla da nascondere”. Il ministro dei Trasporti Graziano Delrio difende a spada tratta l’operato del suo dicastero, che dopo lo scoppio del dieselgate ha eseguito una serie di test sulle emissioni delle auto i cui risultati sono finiti in un report pieno di buchi e omissioni, con dati mancanti per i veicoli del gruppo Fiat Chrysler. E difende l’operato di Fca, che dopo essere finita sotto accusa dell’Agenzia per la protezione ambientale americana e del governo tedesco per il presunto utilizzo di dispositivi di manipolazione delle emissioni (defeat devices), da martedì sera si è vista aprire anche un fronte a Parigi, con la presentazione di un esposto in procura da parte del ministero dell’Economia francese. Sui veicoli testati, ha detto mercoledì Delrio in audizione alla Camera “non è stato riscontrato alcun sistema di manipolazione ‘defeat device‘ non ammesso dalla vigente normativa. Infatti, sulla base della norma vigente si è in presenza di un ‘defeat device‘ vietato quando si registra un comportamento nettamente diverso del veicolo in termini emissivi tra la prova al banco e quella su strada, come è stato nel caso Volkswagen ma non nei veicoli del gruppo Fca provati”.
Ma la definizione che il ministro Delrio dà di defeat device vietato è diversa da quella che ne danno le norme europee. Un defeat device, ovvero un “impianto di manipolazione”, non è infatti solo quello caratterizzato da “un comportamento nettamente diverso del veicolo in termini emissivi tra la prova al banco e quella su strada”, come dice il ministro. Il regolamento 715 del 2007 del Parlamento europeo e del consiglio, quello che al momento detta le norme sulle omologazioni delle auto in circolazione, dà una definizione ben più articolata di impianto di manipolazione: “Ogni elemento di progetto che rilevi temperatura, velocità del veicolo, velocità del motore (RPM), marcia innestata, depressione del collettore o altri parametri, al fine di attivare, modulare, ritardare o disattivare il funzionamento di una qualsiasi parte del sistema di controllo delle emissioni che riduca l’efficacia di tale sistema in modi che è lecito attendersi durante il normale funzionamento e il normale uso del veicolo”.
Ed è proprio su questa definizione che si basa l’accusa del governo tedesco contro Fca. Le autorità tedesche hanno infatti scoperto in alcuni modelli euro 6 di Fca omologati in Italia (500 X, Doblò e Jeep Renegade) la riduzione del funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni dopo 22 minuti di marcia, appena due minuti in più della durata del test di omologazione europea. Accuse da cui Fca si è sempre difesa, con l’appoggio del nostro ministero, sostenendo che nessun sistema di controllo emissioni viene disattivato dopo 22 minuti, ma solo “modulato”. E che il tutto serve a proteggere il motore da guasti. Questo è uno dei casi in cui le norme europee possono giustificare una deroga al divieto di defeat device. E se questo sia il caso delle Fca è proprio al centro del contenzioso tra il governo italiano e quello tedesco su cui è al momento in corso una mediazione della Commissione europea. Con un esito tutt’altro che scontato, tanto più che in un documento dei giorni scorsi (il documento orientativo del 26 gennaio sulla presenza di impianti di manipolazione), Bruxelles, senza fare riferimento a specifiche case automobilistiche, sottolinea: “Nei casi in cui viene rilevato un impianto di manipolazione i costruttori tendono a far valere le eccezioni riguardanti la protezione del motore”. E qualche riga dopo aggiunge che se utilizzato per giustificare una strategia di controllo delle emissioni, “il rischio di un danno improvviso e irreparabile al motore dovrebbe essere opportunamente dimostrato e documentato”. E ancora: “La durata e la protezione a lungo termine del motore o dei componenti del sistema di controllo delle emissioni dall’usura e dal malfunzionamento non dovrebbero essere considerate un motivo accettabile per concedere un’esenzione dal divieto di utilizzo di impianti di manipolazione”.
Tutte questioni su cui mercoledì Delrio ha evitato di entrare nel dettaglio. Il ministro si è limitato ad affermare che “i veicoli Fiat 500X, Fiat Doblò e Jeep Renegade, tutti euro 6, sono conformi alla normativa vigente, a differenza di quanto sostenuto dalla Germania”. E si è mostrato ottimista sul risultato della mediazione della Commissione: “Si sta evolvendo in modo che si può ritenere positivo, riconoscendo la posizione italiana. La Commissione ha preso atto delle iniziative poste in essere da parte italiana. Anche la parte tedesca ha preso atto di quanto asserito dal ministero dei Trasporti in merito al miglioramento delle prestazioni ambientali dei veicoli di Fca, a seguito dell’azione volontaria dello stesso costruttore, che verrà a breve confermato per iscritto. Ciò dovrebbe costituire con ogni probabilità il presupposto per risolvere favorevolmente il contenzioso tra Italia e Germania”.
Infine il ministro ha fatto riferimento anche al report omissivo del ministero, che dopo l’articolo de ilfattoquotidiano.it con le denunce dell’associazione Cittadini per l’aria e degli eurodeputati del M5S è finito anche nel mirino della ong con sede a Bruxelles Transport & Environment, come ha riportato ieri un lancio dell’agenzia di stampa Reuters: “Il rapporto oggi può considerarsi definitivo – ha spiegato Delrio – e se ne prevede a breve la pubblicazione della versione definitiva, ovvero completato anche dei risultati di alcune prove su veicoli Fca che al momento della pubblicazione del 27 luglio erano ancora in corso”.