E dunque ieri c’è stata la prima serata del Festival di Sanremo 2017. Di seguito, nel primo di questa serie di “scritti del giorno dopo”, isolerò quelli che a mio giudizio sono stati rispettivamente il migliore e il peggior momento.
Il miglior momento – di gran lunga – è stata l’apertura di Tiziano Ferro che ha cantato “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco. Era difficile, difficilissimo imbroccare la maniera giusta di porgere Tenco: nella serata d’apertura del Festival che veniva cinquant’anni esatti dopo la sua tragedia; col brano che ha come titolo e attacco le parole che simbolicamente hanno cambiato la storia della canzone italiana. Ferro è stato misurato, sobrio il giusto, forte di una dote che oramai lo fa distinguere come fuoriclasse, cioè una capacità metrica interpretativa fuori dal comune. La sua è una eccellenza nel timbro di voce, nel ritmo, nell’espressività: una capacità vocale e corporea senza un gesto fuori posto che ha mostrato anche nella sua seconda uscita, sia da solo che con Carmen Consoli, e già dimostrò nell’ospitata sanremese di due anni fa. Convincente anche la regia, in un bianco e nero citazionistico, con l’uscita di scena del cantante tra la gente che ha ricordato i video storici in cui Tenco canta i suoi brani attorniato dalle persone. L’effetto giocava a creare un campo ristretto in telecamera, dando la sensazione di un teatro ridotto, com’era in effetti quello dell’esibizione del cantautore nel 1967: al Casinò e non all’Ariston. Esibizione che resterà. Non fosse stato per l’orchestra che subito dopo ha quasi massacrato “Vedrai vedrai”, sarebbe stato un inizio-capolavoro.
Ma veniamo al momento peggiore della serata. Per quanto i versi di Bernabei – “Questa notte ho aperto uno spiraglio nel tuo intimo” e “L’universo intero applaude noi” – lancino il guanto di sfida per il primato della bruttezza dal ’53 a oggi a “tutti i luoghi” e “tutti i laghi” di Scanu, la palma dello scarso risultato artistico va a Lodovica Comello. Perché? Perché Lodovica Comello arriva sul palco diafana e quasi impercettibile; canta il brano “Il cielo non mi basta”, ch’è composto da qualche citazione di Baglioni qua e là e sembra scritto da un manipolo di fan del suddetto in piena tempesta ormonale e scarsa, scarsissima creatività. È forse proprio su uno dei versi più belli di Baglioni che parla di “andare via di schiena” (da “Mille giorni di te e di me”) che si compie l’orrore: la melodia si impenna in maniera fastidiosa, frivola in modo ingiustificato. Ribrezzo, raccapriccio. Non bastano più le parole: ascoltate l’apertura del ritornello sul “Mi prenderò” e fate ricorso a tutti gli epiteti che vi vengono in mente, per descrivere la sua “leggiadria” e l’inadeguatezza canora. Non è andata al ballottaggio, vuol dire che può fare di peggio.
Passo e chiudo. A domani.