Test antidroga per tutti, tranne che per i politici. Il consiglio regionale della Lombardia ha approvato ieri una mozione di Fratelli D’Italia per estendere l’obbligo di sorveglianza sanitaria sull’uso/abuso di stupefacenti a medici e insegnanti così come avviene per autisti, piloti e forze dell’ordine. L’input arriva dalle cronache, in particolare dalla vicenda dell’anestesista-killer di Saronno la cui dipendenza era nota ai vertici sanitari. La mozione diventa però un caso perché il M5S approfitta subito dell’occasione per rilanciare la battaglia sull’estensione dei controlli ai politici.
Lo fanno con un emendamento di una riga che recita: “nonché estendere (i controlli, ndr) anche a coloro che ricoprono cariche pubbliche o hanno ruoli di responsabilità pubblica a partire dai consiglieri regionali”. Niente da fare. Non è stato necessario pigiare un bottone perché lo stesso proponente, Riccardo De Corato, lo ha respinto. Passa invece con 28 voti a favore, 11 astenuti e 1 contrario la mozione che chiede controlli sulle altre categorie professionali. Sarà questa, dunque, che il presidente della Regione, Roberto Maroni, porterà sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni che dovrà valutare se trasmetterla in Parlamento come proposta di legge.
Il risultato non sorprende più di tanto chi l’emendamento l’ha pensato, proposto e difeso in aula. Paola Macchi, consigliere Cinque Stelle, insiste sul fatto che i controlli antidroga siano una battaglia sacrosanta e non una provocazione: “E’ una battaglia dei nostri portavoce alla Camera dei Deputati. E’ questione di coerenza, dobbiamo dare il buon esempio a partire da noi stessi che assumiamo decisioni che necessitano di assoluta lucidità”. In effetti non una ma due volte la deputata Tiziana Cripini ha depositato un ordine del giorno ad hoc, per chiedere che anche deputati e senatori vengano sottoposti a test antidroga. “E’ scandaloso che i politici possano far uso di droghe senza essere sottoposti agli stessi controlli riservati alla gente comune. Un privilegio inaccettabile”. Niente da fare, bocciato sia nel 2015 che nel 2016.
Sia la Ciprini, a Roma, che la Macchi a Milano torneranno però alla carica. “E’ inaccettabile – insiste la Macchi – che i politici si sottraggano. Negli Stati Uniti se vuoi essere assunto in un supermercato ormai devi presentare un certificato medico che attesti che non hai assunto droghe. Anche chi deve sistemare gli scaffali, figurati chi ha responsabilità istituzionali e politiche per le quali lucido devi esser lucido. E’ il minimo che possiamo pretendere da cittadini. Invece da noi quest’obbligo è imposto per legge a talune categorie di cittadini e lavoratori, ma proprio chi propone e approva le leggi ogni volta si sottrae. Se non hanno nulla da nascondere perché? Perché accampare scuse per ritagliarsi l’ennesimo privilegio che li separa dagli altri cittadini?”.
Replica il proponente De Corato: “ho dato la mia personale disponibilità a sottopormi ai test, cosa che tra l’altro ho già fatto quando ero deputato. Oltretutto nel dispositivo della nostra mozione si parla di estendere la sorveglianza medica nei lavori a oggi esclusi, quindi nulla toglie che si possa estendere anche ad amministratori pubblici e consiglieri”. Ma di fatto Maroni porterà l’altra proposta, non questa. Da sinistra è subito polemica. Parla di “mozione allucinogena” e di “criminalizzazione di due intere categorie” Chiara Cremonesi di Sel. “Mi sembra assurdo mettere in relazione, come il testo votato fa, la stabilità psichica con l’uso di droghe. Sanitari e docenti svolgono lavori stressanti e a rischio burnout e credo che per questo andrebbero tutelati sulle condizioni di svolgimento delle loro professioni, non certo sottoposti a controlli antidroga”.