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M5s, Di Maio: “Per noi 40% possibile: andremo al governo e chiederemo a Renzi quanti soldi ci sono in sue fondazioni”

Il vicepresidente della Camera presenta, insieme ai sindaci, il sito "Comuni5Stelle.it". Rilancia la sfida con i giornalisti: "Non siete voi che dovete giudicarci". E sulla capacità di esprimere una classe dirigente risponde: "Noi non lo siamo, quel termine è da abolire, noi siamo una classe che resiste"

Non sono i giornalisti che devono giudicare i Cinquestelle. E il M5s non è classe dirigente, che è un termine da abolire, ma una classe “che resiste”. Il Movimento è l’unico che può ambire ad arrivare al 40 per cento: così andrà al governo e “presenterà il conto a quel signore che ha governato prima e gli chiederemo quanti soldi ci sono nelle sue fondazioni”. Il ragionamento è di Luigi Di Maio, che conferma non solo la linea più dura con i giornali, ma anche la trasformazione del linguaggio del vicepresidente della Camera.

L’occasione è un incontro con i giornali in cui i Cinquestelle hanno illustrato i risultati delle principali amministrazioni locali a guida M5s: presenti a Roma anche i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, i sindaci di Roma, Livorno e Ragusa Virginia Raggi, Filippo Nogarin e Federico Piccitto e in collegamento da Torino, la prima cittadina Chiara Appendino. In questo contesto è stato presentato anche il sito Comuni5stelle.it. Secondo Di Maio, dunque, “il male dell’Italia sembra il M5s, ma che fine ha fatto chi ci ha consegnato l’Italia in queste condizioni? Non capisco come fa Renzi a guardarsi ancora allo specchio. L’unica cosa a cui pensano questi signori sono gli affari propri”. Il deputato lancia una “sfida” a “tutti i parlamentari 5 Stelle: d’ora in poi si parla solo di temi concreti”. Quindi Di Maio si rivolge anche alla stampa: “Vi sfido, e lo faccio con tutto il rispetto, almeno oggi a parlare non di gossip dei risultati”. Secondo il dirigente M5s “è diventato uno sport nazionale far sembrare il Movimento 5 stelle il problema, il male dell’Italia ma se così fosse non ce lo devono dire i nostri detrattori o i giornalisti, ma i cittadini“. “Vi sfido almeno oggi a parlare dei nostri risultati- aggiunge- siamo una generazione che resiste a tutto quello che ci hanno lasciato quelli venuti prima di noi. Non ci sto alla narrazione dell’incapacità del M5s. Per un giorno non parlate di gossip o fake news, ma dei risultati dei nostri sindaci”. Il ragionamento di Di Maio è questo: “A questo tavolo la classe media è 35 anni. Qui non c’è una classe dirigente, classe dirigente è un termine da abolire. Perché la classe dirigente del passato ha distrutto questo Paese”. E se a Renzi il M5s chiederà conto quando andrà al governo, l’esecutivo di Gentiloni – dice Di Maio “è chiuso nei palazzi e disconnesso dalla realtà”.  Quanto alla legge elettorale, l’esponente Cinquestelle dice che il premio di maggioranza alla coalizione semmai andrebbe chiamato premio di “ammucchiata”.

Al centro resta il tema dello scontro tra M5s e stampa. Tra i cronisti c’è chi chiede a Di Maio che ha presentato (e diffuso) un esposto all’ordine dei giornalisti per comportamenti presunti scorretti nei confronti della giunta M5s di Roma. Non le ricorda – chiede un cronista – l’editto bulgaro di Berlusconi? “Ti sembro Berlusconi io? Ecco, meno male”.

Sul tema oggi risponde Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti. “Non è che il M5s, quando vede lacerazioni interne, cerca di ricompattarsi demonizzando i giornalisti? – si chiede in un’intervista a RaiNews24 – Devono smetterla di usare i giornalisti. Di Maio ha diffuso un elenco di nomi che aveva molto il sapore di una lista di proscrizione. E io ho espresso pubblicamente il mio disappunto. Se tutti riconducessimo le cose negli esatti termini, non ci sarebbe niente di male perché i giornalisti non sono perfetti. Dobbiamo affrontare le cose senza demonizzazioni. Se quei fatti non sono veri, i consigli territoriali di disciplina – dopo aver ascoltato i colleghi – avranno certamente la capacità di reagire. Ma queste cose si fanno senza urla e demonizzazioni”. Ma secondo Di Maio le liste di proscrizione “sono una vostra semplificazione, io ho risposto a una richiesta dell’Ordine dei giornalisti”.