Politica

Paolo Cirino Pomicino: “Renzi? Deve mettere il talento al servizio del Paese e non della sua ambizione sfrenata”

L’ex ministro del Bilancio nel settimo Governo Andreotti prende spunto da una battuta dell'ex premier ("E dire che volevo passare per l’Obama italiano e mi ritrovo a fare Cirino Pomicino") per dire la sua sulle ultime mosse del segretario del Pd: "Nei rapporti con la minoranza interna dovrebbe imparare dalla Dc. Il ragazzo è in una delicata fase di passaggio dalla giovinezza alla maturità"

“Se Renzi ha usato il mio nome nel senso di modo di agire democristiano, allora ne sono lusingato. Ed essere un po’ come me gli sarebbe di grande utilità”. Paolo Cirino Pomicino è molto divertito dalla vicenda. Tutto nasce da una frase di Matteo Renzi di questi giorni riportata da Repubblica: “E dire che volevo passare per l’Obama italiano e mi ritrovo a fare Cirino Pomicino…”. L’ex ministro del Bilancio nel settimo Governo Andreotti, uno dei pilastri della corrente del Divo Giulio all’interno della Democrazia cristiana, ex potentissimo della Prima Repubblica coinvolto anche in inchieste giudiziarie (condanna a 1 anno e 8 mesi per finanziamento illecito nel processo Enimont), è in treno e se la ride di gusto. “Renzi è in una fase di transizione: forse si sta rendendo conto di non essere più un capo popolo, ma un segretario di un partito di maggioranza relativa”.

Al momento ancora non sembra aver imparato la lezione del referendum del 4 dicembre.
Come il dottor Stranamore, ogni tanto riemerge il suo vero io, la sua arroganza, il voler ordinare invece di ascoltare. Ma credo si stia rendendo conto che la politica è fatta di Pasque e Quaresime. Per lui non è più tempo di narrare, ma di capire e convincere.

Lei era in prima linea sul fronte del No.
Da questo punto di vista ringrazio Renzi per avermi fatto tornare giovane: ho girato tutta l’Italia a fare comizi e mi sono molto divertito.

Se Renzi avesse fatto politica ai tempi della Balena Bianca…
Sarebbe stato senza dubbio un fanfaniano. Come il vecchio leader Dc, però, Renzi deve mettere il suo talento al servizio del Paese e non della sua ambizione sfrenata. A volte, però, il talento può essere anche un’aggravante: se sei convinto di essere troppo bravo, rischi di vanificarlo.

Spinge per andare al voto subito…
E sta sbagliando: dovrebbe sfruttare quest’anno che ci separa dalle urne per studiare, capire dove vuole portare il Pd, approfondire i grandi temi mondiali come l’egemonia del capitalismo finanziario sulle economie sostenibili.

Lo vorrebbe far tornare a scuola.
Gli farebbe bene. Anche sulla legge elettorale sbaglia: vuole accontentare tutti, concede un po’ a tizio e un po’ a caio. Ma un sistema di voto deve durare nel tempo e non essere frutto dei capricci del momento.

E’ convinto di avere con sé il 40% degli italiani…
Se anche fosse, e non lo è, sarebbe un governo di minoranza che verrebbe sconfitto a ogni piè sospinto. Anche qui ritorna il richiamo della foresta.

Con la minoranza del Pd i rapporti non sembrano migliorati.
Pure in questo caso dovrebbe imparare dalla Dc. Da noi chi vinceva il congresso non sotterrava gli avversari, ma li chiamava con sé al governo, in posizioni apicali. Da molti anni, invece, nella politica italiana – non solo in Renzi – prevale un atteggiamento bonapartista: comando io e degli altri me ne frego.

Però lei vede dei progressi…
Il ragazzo è in una delicata fase di passaggio dalla giovinezza alla maturità. Presto vedremo se dalla trasformazione nascerà un cigno o resterà un brutto anatroccolo. Se vuole tornare a Palazzo Chigi farebbe bene a seguire qualche consiglio dai vecchi democristiani come me. Anzi, gliene voglio dare subito uno.

Prego.
Se avrà la fortuna di guidare ancora il Paese, ponga fine alla stagione dei tecnici all’Economia. Parafrasando Clemenceau, l’economia è una questione troppo seria per lasciarla ai tecnici, Padoan compreso. Sa cosa diceva Andreotti?

Cosa diceva?
Quando gli chiedevano: onorevole cosa farebbe se avesse pieni poteri? Lui rispondeva: farei più errori. A buon intenditor…