Se tutti gli italiani sono uguali davanti alla legge, la stessa cosa non si può dire del fisco. Almeno quando si parla della rottamazione di cartelle esattoriali per tributi locali e multe. Così, mentre sale a 156mila il numero dei contribuenti che hanno chiesto di aderire all’operazione – che in alcuni casi, per chi non ha problemi di liquidità, consente uno sconto fino al 40% del dovuto – c’è un’altra parte dello Stivale che risulta esclusa dalla chance o, addirittura, a cui è stato imposto di “guardare ma non toccare”. E che, a 50 giorni dal termine ultimo per accedere al beneficio – il 31 marzo – non sa ancora se può pagare l’importo dei ruoli pendenti dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2016 senza sanzioni e interessi di mora (per le multe stradali, invece, il taglio riguarda gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge).

Il motivo? Entro lo scorso primo febbraio i 4.725 Comuni che non si affidano più a Equitalia per la riscossione dei tributi (vale a dire più della metà) avrebbero dovuto deliberare se applicare o no il mini-condono inserito nel decreto fiscale dal governo Renzi. Che, nonostante riguardi solo i ruoli pendenti della società controllata da Inps e Agenzia delle Entrate, ha comunque allargato anche alle altre amministrazioni ‘dissidenti’ la possibilità di rottamare le ingiunzioni di pagamento per tributi locali e multe stradali. Del resto, la misura punta a recuperare 2,3 miliardi di euro nel 2017, 2 miliardi nel 2018 e altri 800mila nel 2019. Ma il decreto, non prevedendo nessun obbligo di accettazione, ha costretto migliaia di giunte a deliberare in fretta e furia se aprire alla sanatoria. Insomma, un bel grattacapo per questi Comuni che pensavano di essersi liberati finalmente di Equitalia (risale al 2011 la legge 166 che lo consente). E con tutte le conseguenze del caso che, nel tipico sistema italico, si sono trasformate in caos.

Non solo, infatti, a una settimana dall’avvenuta scadenza per legiferare mancano all’appello decine di amministrazioni, ma gli stessi Comuni con insistenza hanno già richiesto una proroga per approvare le delibere. Un differimento fino a fine marzo che, secondo l’Anci (l’associazione nazionale dei Comuni italiani) – contattata da ilfattoquotidiano.it – potrebbe essere inserito nel decreto Milleproroghe o nel dl sul terremoto. Insomma, proprio quel 31 marzo che corrisponde all’ultimo giorno utile per presentare l’apposito modello DA1 (scaricalo qui) per aderire alla rottamazione. Con il chiaro risultato che, ad oggi, i contribuenti che risiedono in uno dei Comuni ritardatari non sanno se possono aderire o, forse, lo sapranno solo dopo la scadenza della stessa rottamazione. Inoltre, la deadline del 31 marzo difficilmente potrà slittare visto che, da decreto, si incastra con un’altra data: il 31 maggio 2017. Vale a dire la scadenza che dovrà rispettare Equitalia per presentare il conto della rottamazione in risposta alle istanze di adesione, indicando gli importi dovuti e le eventuali rate concesse. Il debito fiscale potrà essere estinto in cinque rate: tre, pari al 70% dell’importo, dovranno essere pagate entro il 2017 e le restanti due (30% dell’importo) entro settembre 2018.

Quali sono i Comuni che hanno già deliberato? Ufficialmente non è possibile saperlo. L’Ifel-Anci ha, infatti, diffuso solo una rilevazione “a cui hanno partecipato 89 capoluoghi, ma 35 dei quali non dovevano deliberare, perché interessati di default dalla definizione agevolata. E, nei restanti 54 Comuni, 29 hanno deciso di non aderire alla definizione agevolata e 25 hanno invece dato il loro benestare”, tra cui Benevento, Frosinone, Lecce, Padova, Perugia, Napoli e Venezia. “In sintesi – si legge nella nota – le grandi città che si sono sfilate dalla riscossione attraverso Equitalia risultano spaccate in due tra quelle che hanno deciso di estendere ai loro abitanti la rottamazione e quelle che invece non hanno deliberato in tal senso”.

Come sapere, quindi, se si ha diritto a richiedere la rottamazione in questi quasi 5mila Comuni? Fino a quando non verrà elaborato un documento ufficiale, l’unica strada percorribile è contattare l‘ufficio Tributi del proprio Comune e scoprire quando è stata approvata la delibera.

Tutto chiaro? Niente affatto. La spirale della rottamazione ha generato anche un altro fenomeno che, però, stavolta ha risvolti molto positivi per i contribuenti: anche se il proprio Comune ha già rifiutato l’adesione (è il caso, ad esempio, di Avellino, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Isernia, L’Aquila, Livorno, Milano, Parma, Potenza, Rieti, Torino e Venezia), c’è una speranza per aderire alla sanatoria. La normativa, infatti, applicandosi alle iscrizioni a ruolo effettuate in un lungo arco temporale che va dal 2000 al 2016, in pratica apre comunque agli sconti se durante questo arco di tempo il proprio Comune si è servito di Equitalia.

Allora chi può richiedere la rottamazione? Qui le cose tornano a complicarsi. Se per scoprire il periodo di riferimento del debito basta controllare la cartella esattoriale relativamente ad annualità o imposta, il difficile viene quando ci si chiede come fare a sapere l’anno in cui il Comune ha mollato Equitalia per richiedere, quindi, la rottamazione. Noi ci abbiamo provato senza esito: non esiste, infatti, un elenco ufficiale dell’Anci che riporta l’agente di riscossione nelle 7.983 amministrazioni comunali o quando è stato cambiato. Anche se, in proposito, circolano alcuni dati: tra il 2011 e il 2015 avrebbero abbandonato Equitalia 2.539 Comuni. Quindi per saperlo occorre, ancora una volta, fare da sé e contattare il proprio Comune.

Un po’ di esempi. Tra quelli che si sono de-equitalizzati spiccano Riccione, Morazzone, Thiene, San Donà di Piave, Vigevano, Zanica, Merate e Calalzo di Cadore nel 2011; Oristano nel 2012; Firenze nel 2013; Civitavecchia, Venaria Reale, Parma, Livorno, Ragusa, Pietraperzia, Augusta, Assemini, Montelabbate e Bagheria nel 2014 e Milano a fine 2014. In tutte queste città, quindi, se si è ricevuta una cartella esattoriale antecedente alla data del divorzio del Comune da Equitalia fino al 31 marzo è possibile richiedere la sanatoria.

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