Il presidente dell'Inps ha ha spiegato che limitarne l'uso ad alcuni settori sarebbe inefficace. Meglio proibirlo "lì dove il lavoro svolto ponga una questione di sicurezza". E fissare un tetto massimo, per esempio "10 giorni al mese o 40 all'anno". Intanto il direttore dell'Ispettorato nazionale del Lavoro ha rimarcato che da quanto è partita la tracciabilità il fenomeno dell’utilizzo dei buoni per una sola ora è diminuito
Tra i maggiori utilizzatori dei voucher lavoro ci sono sindacati e cooperative. E’ quello che emerge da uno studio dell’Inps presentato mercoledì dal presidente Tito Boeri durante un’audizione alla Camera. In particolare 36 organizzazioni sindacali hanno utilizzato 279.976 buoni per 1.559 lavoratori e 408 coop e mutue assicuratrici hanno comprato 2,39 milioni di buoni per 5.877 lavoratori. Se si prende come criterio il numero di voucher, però, in testa alla classifica ci sono le società a responsabilità limitata: 2.820 aziende hanno usato 18.230.120 buoni. Seguono società per azioni (4.303.294 voucher), associazioni e fondazioni (2.433.153) e 182 enti riconducibili alla pubblica amministrazione che hanno fatto ricorso a 1.256.022 voucher.
Dopo aver ribadito che l’obiettivo dichiarato dei voucher, cioè favorire l’emersione dal lavoro nero, “non è stato raggiunto”, Boeri ha indicato al governo quale strada potrebbe percorrere per “scoraggiare l’abuso”. Come l’esecutivo ha già detto di voler fare per disinnescare il referendum sull’abolizione dei voucher promosso dalla Cgil e dichiarato ammissibile dalla Consulta. Secondo l’economista e presidente Inps l’opzione migliore è quella di prevedere tetti in termini di giornate di lavoro: “Si parlava di 10 al mese o 40 l’anno, si può discutere…si possono avere tutte e due le indicazioni come limiti”, ha esemplificato Boeri. Non solo. L’Inps dovrebbe poter gestire i controlli sulle aziende, unificando l’iter che attualmente è diviso tra ministero del Lavoro ed ente di previdenza. “Solo così riusciremo ad intervenire per tempo evitando che si arrivi alle sanzioni poi difficili da recuperare“.
Di difficile realizzazione invece, per Boeri, altre ipotesi al centro della discussione politica e sindacale. No ad una limitazione per settore, per esempio, perché “non è molto chiara mentre sarebbe più efficace proibire direttamente l’uso dei voucher lì dove il lavoro svolto ponga una questione di sicurezza per il lavoratore stesso e per l’utente del servizio”. Né sarebbe una soluzione idonea quella che vorrebbe restringere l’uso dei buoni lavoro ad alcune categorie, dalle casalinghe agli studenti. “E’ di difficile operatività perché si tratta di condizioni spesso transitorie, temporanee, come lo studente o la stessa casalinga che magari è a casa perché non riesce in quel momento ad accedere al mercato del lavoro”. Bocciato dunque un ipotetico Albo delle categorie collegato alla proposta. “Ma poi perché negare di utilizzare i voucher per un secondo lavoro? Non ci vedo niente di male”, ha proseguito Boeri. “L’idea del lavoro accessorio è quella: anche per chi è in età centrale perché non dobbiamo permettergli di usare i voucher?”.
No, infine, all’esclusione del settore agricolo da quelli in cui si possono usare i buoni per pagare i lavoratori;:”Non si capisce a fondo la ratio: siamo in un settore ad alto rischio di lavoro nero e l’utilizzo sapiente dei voucher, con un controllo sulle ore effettivamente lavorate e in un ambito in cui si rivisiti tutto l’ordinamento del lavoro agricolo servirebbe molto a far emergere il nero”.
Sempre mercoledì è stato audito sul tema dei buoni da 10 euro anche il direttore dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, Paolo Pennesi, che ha commentato il calo del numero di voucher venduti dopo l’entrata in vigore del decreto sulla tracciabilità dicendo che in parallelo è “aumentato il numero dei buoni sulla stessa testa“. “Abbiamo verificato – ha spiegato – che il fenomeno dell’utilizzo del voucher per un’ora è diminuito”. In pratica è stato meno utilizzato il trucco del “biglietto dell’autobus“, vale a dire l’abitudine di acquistare un solo buono a fronte di più ore di lavoro in modo da poterlo presentare all’ispettore in caso di controllo. Pennesi ha spiegato che in tre mesi sono arrivate circa 2,075 milioni di comunicazioni. Tra ottobre e dicembre, secondo gli ultimi dati Inps dell’Osservatorio sul precariato, sono stati venduti quasi 33 milioni di buoni per il lavoro accessorio. A ottobre 2016 l’aumento sullo stesso mese dell’anno prima è stato del 15%, mentre la crescita si è limitata al 6,8% a novembre e allo 0,8% a dicembre.