I giudici della II corte d'Appello hanno assolto il numero uno di Pirelli "perché il fatto non costituisce reato". Il top manager aveva rinunciato alla prescrizione: "Quando si ha fiducia nella giustizia e io ho sempre avuto fiducia, alla fine si ha giustizia"
“Perché il fatto non costituisce reato”. Con questa formula la II corte d’Appello di Milano ha assolto Marco Tronchetti Provera, imputato per ricettazione nell’ambito del cosiddetto caso Kroll. Il processo è stato celebrato dopo che la Cassazione aveva annullato una precedente sentenza di assoluzione. L’attuale presidente di Pirelli aveva rinunciato alla prescrizione. “Quando si ha fiducia nella giustizia e io ho sempre avuto fiducia, alla fine si ha giustizia – dice Tronchetti Provera – Dopo tanti anni questo è un giorno molto importante di chiarezza. Siamo in un paese democratico in cui bisogna rispettare lo Stato e la Giustizia che è pilastro su cui si fonda lo stato democratico”.
Il pg di Milano, Felice Isnardi, aveva invece chiesto di confermare la sentenza con cui il Tribunale di Milano nel giugno 2015 aveva condannato a 1 anno e 8 mesi l’imputato. L’ex numero uno di Telecom era stato assolto una prima volta in appello con formula piena, ma poi la Cassazione un anno fa ha annullato con rinvio la decisione. Prima della requisitoria del pg Tronchetti Provera, presente in aula, aveva detto di confermare le dichiarazioni rese in precedenza. Nell’aprile 2015, nel precedente processo d’appello, aveva affermato di rinunciare alla “prescrizione affinché vengano pienamente accertati i fatti. Considero moralmente – aveva dichiarato – inaccettabile la prescrizione per un reato che non ho commesso e sono a disposizione dei giudici per un eventuale esame”.
Al centro del procedimento c’è un cd con dati raccolti dall’agenzia di investigazione Kroll che nel 2004, quando era in corso uno scontro tra Telecom e alcuni fondi di investimento brasiliani per il controllo di Brasil Telecom, stava portando avanti un’attività di spionaggio nei confronti del gruppo delle telecomunicazioni e della famiglia Tronchetti. Secondo la ricostruzione dell’accusa, quei file vennero intercettati dagli uomini (il cosiddetto Tiger Team, ndr) di Giuliano Tavaroli, all’epoca capo della security di Telecom, con una operazione di hackeraggio e poi fatti avere alla segreteria di Tronchetti. Per la vicenda principale è ancora in corso il processo di secondo grado.
Il quale, per il pg Isnardi, “decise di gestire personalmente questa vicenda”. “L’uso dei dati del cd – ha proseguito il sostituto procuratore generale – è stato fatto con volontà non difensiva ma offensiva perché noi vediamo che in realtà la denuncia non c’è mai stata” ma, per il rappresentante dell’accusa, quel dischetto venne depositato all’autorità giudiziaria brasiliana e poi italiana dall’ex manager di Tlc Angelo Jannone. Da qui la richiesta della conferma della sentenza respinta dai giudici.