Sulla scenografia vale quello che ha detto Crozza la prima sera: ricorda più l’ambiente in cui si fa una risonanza magnetica che quello di uno spettacolo musicale. Ma questo non toglie anzi rafforza i meriti e il valore della regia televisiva di Maurizio Pagnussat. Precisa, vivace ma non frenetica, con giusto equilibrio tra i campi stretti e quelli più ampi, con scelte dei piani e dei movimenti della camera sempre motivate, mai cervellotiche. C’è un’inquadratura in più quest’anno che nelle scorse edizioni non avevamo mai visto. E’ quella laterale che dalle soglie del palcoscenico riprende il cantante nel momento in cui entra o esce di scena. Non un back stage ma qualcosa che gli si avvicina, non una soluzione narcisistica o voyeuristica, ma una scelta intelligente che illustra una delle fasi più delicate dello show.
I guai, invece, arrivano sempre dagli eroi del quotidiano. Ieri sera rappresentarli c’era il signor Nicotra, un dipendente pubblico di Catania che nella sua vita non ha mai fatto un giorno di assenza dal lavoro e, quando ha dovuto sottoporsi a un intervento, ha preso le ferie, arrivando a fine carriera con più di duecento giorni di ferie non godute. A me pare che più che un caso di eroismo da mostrare come esempio si tratti di una bizzarria. Ma l’aspetto più discutibile è venuto dal suo appello ai dipendenti pubblici, invitati – giustamente – a non fare i furbetti con finte malattie e a ricordarsi che avere un lavoro che ti garantisce uno stipendio fisso tutti i mesi della tua vita è “ un privilegio”. E qui proprio non ci siamo: quello non è un privilegio ma il più elementare dei diritti. Se mai è il non godere di quel diritto che rappresenta una terribile anormalità. Nel programma più nazional-popolare del servizio pubblico bisogna stare molto attenti alle parole per evitare pericolose confusioni.