Fu un insieme di “errori umani” e di “vistose e intrinseche debolezze” sotto il profilo ingegneristico a causare il disastro del Norman Atlantic, il traghetto andato a fuoco nella notte tra il 28 e il 29 dicembre 2014 a largo delle coste albanesi causando la morte di 28 persone. È la conclusione a cui giungono i periti nominati dal gip Alessandra Piliego al termine di un incidente probatorio durato quasi due anni, una relazione che ilfattoquotidiano.it può pubblicare in esclusiva. Sotto accusa – è questa la novità che emerge dalle quasi 700 pagine di relazione e che potrebbe allargare l’indagine – finisce il sistema di gestione dell’emergenza incendi nel garage, dove si svilupparono le fiamme, sulla cui origine il collegio nominato dal tribunale tiene aperte diverse ipotesi: l’innesco più plausibile resta il malfunzionamento di un rimorchio-frigo. Una pratica, quella dei motori diesel accesi, vietata a bordo e tuttavia necessaria quella notte nel garage del Norman, poiché – si sostiene nella perizia – sul ponte 4 c’erano 43 camion che necessitavano di energia elettrica e sole 40 spine. Almeno tre, quindi, non erano collegati.
“Carenze a livello ingegneristico”
Ma qualsiasi sia stata la miccia, spiegano i periti, “l’interazione tra l’impianto antincendio fisso, il relativo sistema di controllo, la gestione e l’attivazione dell’impianto da parte del personale preposto” presenta “ingegneristicamente delle vistose e intrinseche debolezze, pur risultando, ai sensi della normativa, conforme ai regolamenti vigenti”. Tutto questo nonostante la nave fosse stata costruita nel 2009, cioè solo 5 anni prima del naufragio.
Non solo: le concause della mancata estinzione dell’incendio sarebbero da addebitare anche al black out che mandò subito in tilt la nave e a tre errori umani, tra cui l’apertura dell’antincendio sul ponte sbagliato – un sospetto che ilfattoquotidiano.it aveva anticipato oltre un anno fa – e oltretutto tardivo, poiché avvenuto “da 10 a 15 minuti” dopo che le fiamme erano divampate. Un lasso di tempo in cui, per come era stato concepito il Norman, “le simulazioni numeriche e i dati di letteratura” dimostrano che “le probabilità di contenimento con i sistemi presenti erano diventate praticamente nulle”.
Violazioni anche prima dell’incendio
C’è poi il capitolo legato alla gestione dell’emergenza da parte del comandante Argilio Giacomazzi – indagato assieme ad altre 15 persone a vario titolo per cooperazione colposa in naufragio, omicidio plurimo e lesioni – e del suo equipaggio. Sono innumerevoli i rilievi mossi dai periti Salvatore Carannante, Francesco Carpinteri, Bernardino Chiaia, Enzo Dalle Mese e Pasquale Del Sorbo.
Alcuni riguardano anche i minuti precedenti alle 4.23, quando partì il primo allarme per quell’incendio scoppiato al ponte 4, ordinata 156. Già da mezzanotte “il servizio di guardia in plancia non veniva svolto in aderenza alle disposizioni del manuale SMS”, si legge nella perizia. E soprattutto nessuno si allarmò quando il marinaio Nardulli, in seguito ai primi sospetti, scese in garage per verificare la situazione e notò che un rimorchio “faceva fumo“. Una reazione dalla quale “sembra evincersi che non fosse una novità, per il comandante ed il personale di bordo, che alcuni camion emettessero fumo, perché non allacciati alla corrente di bordo, in violazione di quanto prescritto dalle norme”, accusa il collegio. Tra l’altro, incrociando orari e i tempi di propagazione dell’incendio, è probabile che in quel momento “fosse già attivo un modesto focolaio con produzione di fumo”, che non sarebbe stato “correttamente individuato né segnalato” durante l’ispezione, descritta dai tecnici come “parziale e superficiale”.
La squadra antincendio? “Inadempiente”
Così le fiamme iniziarono ad avvolgere il Norman. La ricostruzione si concentra anche sulla gestione dell’emergenza da parte di chi, tra i membri dell’equipaggio, avrebbe dovuto fronteggiare le fiamme che si svilupparono rapidamente sui ponti più alti della nave. Solo tre componenti su 19 delle squadre antincendio e di emergenza rispettarono il loro incarico. Tutti gli altri, concludono i periti incrociando i documenti di bordo con le dichiarazioni rese dagli stessi marinai, omisero “di svolgere l’incarico assegnatogli dal Ruolo di appello”, cioè il compito che ogni membro dell’equipaggio deve ricoprire in caso di emergenza. E proprio riguardo il “ruolo d’appello”, ovvero vengono registrate sei irregolarità. Una di queste è particolarmente rilevante: sul Norman Atlantic c’era “personale non in possesso di certificazione necessaria per espletare compiti di emergenza a bordo di navi passeggeri” e chi si era “imbarcato di recente non era a conoscenza del ruolo assegnatogli”.
La scatola nera
Dubbi vengono avanzati anche riguardo la scatola nera, che passava regolarmente i test annuali ma che è risultata mal configurata in diversi suoi aspetti e i periti si dicono “sorpresi” per “la completa mancanza di buona parte della documentazione obbligatoria” utile alla lettura dei dati che conteneva. La questione ha complicato l’indagine sull’origine dell’incendio, per la quale infatti non è stato possibile fornire al momento un’univoca indicazione. E, come raccontò ilfattoquotidiano.it, i consulenti incontrarono difficoltà anche nell’estrazione dei dati, poi recuperati da Dalle Mese e Alessandro Cantelli Forti del laboratorio RaSS del Cnit di Pisa. Un caso, questo della scatola nera e della sua omologazione, assai simile a quello della Costa Concordia.
“Coincidenze con il naufragio della Concordia”
Proprio il naufragio del Giglio viene chiamato in causa dal Codacons, parte offesa nell’indagine seguita dai pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano. “Emergono inquietanti interrogativi mescolati a tristi conferme, che fanno subito saltare agli occhi alcune singolari coincidenze con l’altrettanto tragica vicenda del naufragio della Costa Concordia”, afferma l’associazione dei consumatori. Poi allarga il campo, andando oltre le conclusione del collegio di periti: “Per quanto riguarda eventuali responsabilità degli organi di certificazione, esse potrebbero riguardare anche alcuni collaudi. Non è stato possibile reperire presso il Rina (il Registro Navale italiano, nda) alcun documento che descriva le modalità di effettuazione e i risultati del test relativo alle prove di ripartenza in emergenza dopo blackout degli impianti di sicurezza”. Tutti aspetti di cui si parlerà nel corso dell’illustrazione della perizia da parte dei periti, prevista dal 20 marzo all’8 aprile, con due soli giorni di pausa, nell’aula bunker di Bitonto, in provincia di Bari. “Un numero così elevato di udienze è quanto meno atipico – spiega l’avvocato Massimiliano Gabrielli, che segue il caso assieme ai colleghi Alessandra Guarini e Cesare Bulgheroni – Vuol dire che, probabilmente, i rilievi mossi dal collegio peritale sono numerosi e le responsabilità sono molto più diffuse di quanto finora ci è stato possibile sapere”.