I tre comici romani avrebbero dovuto far ridere e invece hanno intristito. Ci si sentiva a disagio per loro, si contavano i minuti che separavano dalla fine per porre fine alle sofferenze (loro e nostre). E pensare giusto che un paio di piani più su, precisamente in Sala Stampa, si aggirava un signore pronto a collegarsi con Carlo Conti proprio sul finale della serata. Trattasi di Rocco Tanica
Quello tra il Festival di Sanremo e gli ospiti comici è un rapporto difficile. A volte esaltante e memorabile, altre volte (forse più spesso) disastroso. E nella seconda serata dell’edizione 2017 è arrivata la conferma definitiva con la presenza di Gabriele Cirilli, Flavio Insinna e Enrico Brignano. Le solite battute su Carlo Conti abbronzato (ancora? Ma sul serio?), un numero comico-musicale di livello niente più che dignitoso ma che a tratti ha ricordato una sagra ai Castelli Romani.
I tre attori-comici vengono dalla scuola di Gigi Proietti (proviamo a non fargliene una colpa solo perché è un gigante), ma da allora, evidentemente, hanno perso la strada. Beninteso, trattasi di tre signori che comprensibilmente hanno una sponda importante nel pubblico nazionalpopolare. Va bene così, è giusto, non ci abbandoniamo a snobismi vari. Ma los tres caballeros all’amatriciana sono quanto di più lontano possa esistere da una comicità contemporanea, moderna, minimamente capace di raccontare, sfottere, ridicolizzare quello che accade attorno a loro. È solo la copia sbiaditissima dell’avanspettacolo dei tempi che furono, con la differenza che l’avanspettacolo aveva una identità e una dignità che esibizioni come quella di ieri sera non hanno.
Insinna, Brignano e Cirilli avrebbero dovuto far ridere e invece hanno intristito. Ci si sentiva a disagio per loro, si contavano i minuti che separavano dalla fine per porre fine alle sofferenze (loro e nostre). E pensare giusto che un paio di piani più su, precisamente in Sala Stampa, si aggirava un signore pronto a collegarsi con Carlo Conti proprio sul finale della serata. Trattasi di Rocco Tanica, protagonista assoluto dei momenti comici con la rassegna stampa farlocca e geniale e le sue battute che sanno mischiare in modo geniale riferimenti alti e bassi, con il nazionalpopolare che diventa chiave interpretativa anche grazie al nonsense, alla dichiarata e riuscita presa per il culo. Rocco Tanica dovrebbe salire sul palco dell’Ariston. Sarebbe un rischio? Sì, perché non è esattamente nazionalpopolare e larga parte del pubblico di RaiUno rischierebbe di non comprenderlo. Ma questo non è un buon motivo per restare nella comfort zone (che poi è tutto tranne che confortevole) dei soliti comici piatti, senza coraggio né mordente, provincialotti e ripetitivi come un infinito giorno della marmotta della mancata risata. È stata l’esibizione comica più imbarazzante degli ultimi anni sanremesi? No, abbiamo visto di peggio. E questa è la vera tragedia.
Il pubblico si adegua alle novità, è molto più aperto ai cambiamenti di quanto non si creda nei corridoi televisivi. Servirebbe un po’ di coraggio, anche di meravigliosa incoscienza. Bisognerebbe mandare sul palco gente come Tanica, anche solo per vedere l’effetto che fa e per capire che margini di manovra ci sono per il futuro. Davvero preferiamo Cirilli che scimmiotta (malissimo) Wanda Osiris alle semplici eppure geniali battute di Tanica? Facciamo una prova: andate sul sito di RaiPlay, riguardate l’esibizione dei tre e il collegamento di Tanica. Contate le volte in cui le due esibizioni vi hanno strappato un sorriso. Il risultato, non v’è dubbio, risolverà l’arcano.