Il dietrofront del capo dei capi arriva dopo aver avanzato l’inconsueta volontà di sottoporsi a interrogatorio comunicata al difensore. "Questo è un processo vuoto, non c'è motivo per cui il mio cliente dovrebbe rifiutarsi di rispondere", aveva detto l'avvocato Anania. Un passaggio che aveva destato clamore: il padrino corleonese, infatti, non si è mai sottoposto ad interrogatorio
Come non detto. Il superboss Totò Riina fa marcia indietro. E a sorpresa ha revocato il consenso a farsi interrogare dal pm del processo sulla Trattativa Stato-mafia, in corso davanti alla corte d’Assise di Palermo. Ad anticipare la sua intenzione di rispondere alle domande dell’accusa era stato, durante la scorsa udienza, il suo legale, l’avvocato Giovanni Anania. “Sto male, ho un problema”, ha detto Riina in video collegamento dal carcere di Parma, dove è detenuto.
Il capo dei capi di Cosa nostra era stato l’unico degli imputati del processo in corso davanti all’aula bunker del carcere Ucciardone ad avere accettato di rispondere alle domande di accusa e difesa. Tutte le altre persone alla sbarra – mafiosi come Leoluca Bagarella, pentiti come Giovanni Brusca, collaboratori come Massimo Ciancimino, ex politici come Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino, ex ufficiali del Ros dei carabinieri come Mario Mori e Antonio Subranni – hanno infatti rifiutato di sottoporsi all’interrogatorio. In passato ha più volte fatto dichiarazioni spontanee il generale Mori mentre venerdì 10 febbraio è previsto l’intervento dell’ex ministro Mancino, imputato di falsa testimonianza.
Al termine dell’udienza in cui si sono concluse le deposizioni dei testi del pubblico ministero, era stato il presidente della corte d’assise, Alfredo Montalto, a chiedere per esigenze di organizzazione del lavoro, chi tra gli imputati fosse disponibile a sottoporsi all’esame. Riina era stato contattato al telefono dal suo avvocato e aveva dato il via libera. Il legale lo aveva quindi riferito alla cancelliera a udienza ormai chiuso. “Questo è un processo vuoto, non c’è motivo per cui il mio cliente dovrebbe rifiutarsi di rispondere”, aveva detto l’avvocato Anania.
Un passaggio che aveva destato clamore: il padrino corleonese, infatti, non si è mai sottoposto ad interrogatorio e, dal suo arresto, il 15 gennaio del 1993, ha fatto solo dichiarazioni spontanee. E anche se l’interrogatorio di Riina difficilmente avrebbe portato a novità sostanziali per il dibattimento che cerca di far luce sul presunto patto tra i boss e pezzi delle istituzioni, la procura avrebbe comunque potuto sottoporre il boss a un ampio numero di domande. Alle quali, in ogni caso, Riina non intende più rispondere.