“L’amministrazione Trump rappresenta un rischio per le condizioni economiche internazionali e i fondamentali del credito globali”. Parola di Fitch che sottolinea come “la prevedibilità delle politiche degli Stati Uniti è diminuita, con la messa da parte dei canali di comunicazione internazionali consueti e la prospettiva di cambiamenti improvvisi e imprevisti con potenziali implicazioni globali”.

Secondo gli economisti dell’agenzia di rating “i rischi principali per i rating globali comprendono la possibilità di cambiamenti dirompenti alle relazioni commerciali, flussi di capitale internazionali in calo, limiti sulle migrazioni che interessano le rimesse e lo scambio di informazioni tra i responsabili politici che contribuiscono all’aumento di volatilità sui mercati delle valute e altri mercati”. Fitch ritiene che questo scenario “mette pressione” sulle finanze pubbliche con possibili implicazioni per alcune valutazioni sul merito di credito. Tuttavia l’agenzia vede anche qualche elemento “positivo per la crescita” negli annunci del nuovo presidente Usa, Donald Trump, tra cui la spinta “a lungo attesa” per la costruzione di infrastrutture negli Stati Uniti, l’obiettivo di ridurre l’onere normativo e le tasse e le riforme, “assumendo che i tagli non comportino aumenti proporzionali nel disavanzo e nel debito”.

Tra gli Stati che potrebbero subire ripercussioni negative da un giudizio di Fitch a seguito delle politiche di Trump, l’agenzia cita in particolare Canada, Cina, Germania, Giappone e Messico su cui lo stesso presidente ha puntato il dito “in modo esplicito” per accordi commerciali o tassi di cambio che “meritano attenzione”.

Intanto il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis ha preso posizione sull’annunciato smantellamento del Dodd Frank Act, la legge federale voluta da Barack Obama per modificare la regolazione finanziaria dopo la grande crisi e migliorare la tutela dei consumatori. “Siamo sensibili quando si parla di disfare una legislazione finanziaria che applica standard e regole internazionali accuratamente negoziati. E’ difficile non notare che la presidente della Fed viene criticata per il suo approccio alla negoziazione delle regole e degli standard internazionali, o quando un presidente americano parla di fare un numero sul Dodd Frank Act”, ha sottolineato.

Tra le misure introdotte dal Dodd Frank Act c’è la Volcker Rule, ideata dall’ex presidente della Fed Paul Volcker, che limita l’attività speculativa delle banche, fissando un tetto agli investimenti in strumenti derivati e quote di hedge funds, e separa le attività di banca commerciale da quella di investment banking. La misura è stata fortemente osteggiata dall’industria bancaria americana.
“L’America – continua Dombrovskis – ha tutti i diritti di cambiare il suo approccio e di ridefinire il proprio interesse nazionale: ma noi europei, come alleati e amici, siamo titolati a suggerire con gentilezza che la cooperazione internazionale sulla governance finanziaria è nell’interesse di tutti”. Il vicepresidente della Commissione si chiede quindi “che cosa succederebbe se le regole per il settore finanziario fossero molto diverse a New York, Hong Kong, Londa, Parigi, Francoforte o Singapore? Prima di tutto, questi centri sarebbero più esposti ai rischi importati da giurisdizioni con regole meno stringenti. In secondo luogo, diverrebbe più costoso per le istituzioni finanziarie globali rispettare requisiti legali differenti. In terzo luogo, le differenze sul piano regolatorio darebbero incentivi alle istituzioni finanziarie a dedicarsi all’arbitraggio regolatorio, cosa che può portare all’accumulazione di attività sottoregolate e mettere l’intero sistema finanziario a rischio”. Infine secondo Dombrovskis “una regolazione lasca in un Paese può creare le condizioni per una regolazione inadeguata e al contagio nel mondo”.

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