Cultura

Egitto: nei romanzi anche i giovani di piazza Tahrir, emarginati e disinibiti

di Federica Pistono*

Nella produzione letteraria egiziana degli ultimi anni si registrano numerose e variegate tendenze, che spaziano dal romanzo storico a quello realista, dalla narrazione fantascientifica a quella distopica, dal thriller al romanzo gotico. Tra i romanzi egiziani recentemente tradotti in italiano, notevole è Fame di Muhammad al-Busati (e/o, 2014, trad. B. Longhi). Erede del realismo di Mahfuz, al-Busati risente degli influssi di autori come Cechov, Gorki, Hemingway e Maupassant.

Fame

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L’azione si svolge ai nostri giorni in un paesino egiziano dominato da una mentalità quasi feudale, intrisa di emarginazione sociale, frustrazioni e tensioni. Un’ottica che riflette la società rurale egiziana immobile nei secoli, divisa tra ricchi e poveri da una linea invalicabile. Ma i reietti dipinti da al-Busati presentano una caratteristica: non perdono mai la loro dignità e umanità. Soffrono in silenzio, ma non accettano né la pietà né l’umiliazione. Tema centrale del romanzo è la vita di una famiglia che vive in condizioni di estrema povertà. In tre sequenze dedicate rispettivamente al marito, alla moglie e al figlio, al-Busati tratteggia, con una punta di umorismo nero, l’esistenza di questa famiglia misera, che manca di tutto, dal cibo alla considerazione sociale, ma che riesce, comunque, a conservare integra la propria dignità.

Al genere del thriller appartiene Polvere di diamante di Ahmed Mourad (Marsilio, 2013, trad. B. Teresi), uno dei pochi autori arabi di romanzi gialli riuscito a raggiungere una notorietà internazionale. Protagonista della storia è Taha, un ragazzo del Cairo che suona la batteria, lavora come rappresentante di medicinali e si prende cura del padre, costretto su una sedia a rotelle. Un giorno, Taha trova la sedia a rotelle rovesciata e suo padre a terra, assassinato. In un Paese in cui l’omicidio di un povero non fa notizia, le indagini si arenano, e a Taha non resta che cercare giustizia da sé, iniziando un viaggio nel lato più oscuro del Cairo.

Affiancato nell’indagine dalla giovane Sara, Taha s’imbatte nella misteriosa polvere di diamante, “il re dei veleni“, diffusa un tempo tra i commercianti ebrei della città: una sostanza che, una volta ingerita, uccide lentamente. L’autore confeziona un thriller intrigante, dal taglio cinematografico, ambientato in una città che ha perso l’innocenza ma non l’umorismo nero che distingue il popolo egiziano.

In tutt’altra direzione si muove Cani sciolti di Muhammad Aladdin (Il Sirente, 2015, trad. B. Benini), romanzo dedicato alla “generazione di piazza Tahrir”, i giovani che hanno tentato di cambiare l’Egitto o di mantenerlo uguale, i ragazzi che hanno dato vita alle proteste di piazza ma anche quelli che erano al soldo del governo come teppisti e picchiatori. Il romanzo descrive la vita quotidiana di questa generazione, raccontandone i gusti, le passioni, gli eccessi. L’autore ci consegna un ritratto inedito della gioventù del Cairo, dipingendone il desiderio di trasgressione, l’indolenza, l’emarginazione, la precarietà economica, la disinvoltura dei costumi sessuali.

Cani sciolti

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Protagonista della vicenda è Ahmed, autore di racconti pornografici, affiancato dai suoi amici, il regista El-Loul, impegnato in progetti strampalati, e il tossicodipendente Abdallah. La loro vita è immersa nel frastuono del Cairo, soprattutto nel mondo dell’emarginazione e della microcriminalità, un universo in cui si muovono venditori di frattaglie, tassisti, vecchie zie, danzatrici del ventre, matti di quartiere. Il gruppo è coinvolto in un’avventura rocambolesca dal finale aperto, adatto a una storia che svela il volto nascosto di una società conservatrice.

Al genere gotico si ispira il romanzo di Tareq Imam Le mani dell’assassino (Atmosphere Libri, 2016, trad. B. Benini). Abituato a immaginare Il Cairo come una città assolata, dominata dal caldo torrido e dal frastuono del traffico, in questo libro sorprendente il lettore si ritrova immerso in un’atmosfera surreale, in una città spettrale, cupa e piovosa, sovrastata da grattacieli abbandonati e abitati da fantasmi, le cui strade sono affollate da storpi, prostitute e manichini animati. In questo ambiente tenebroso si muove Salem, uno dei discendenti dell’Eremita, capostipite di una stirpe di assassini che popola la città.

Il protagonista è in possesso di un antico manoscritto ereditato dal suo avo, di cui mette in pratica gli insegnamenti perpetrando i propri delitti con la mano destra affinché la sinistra possa completare la stesura del suo diwan, la raccolta di poesie scritte con il sangue delle vittime. Punto di forza dell’opera è proprio l’ambientazione notturna, invernale, dove a dominare sono i toni cupi e freddi, una città in cui si muovono strane, fantastiche creature, tra cui i discendenti dell’Eremita. Tanti modi e stili diversi, insomma, per descrivere un popolo e una città.

* traduttrice di romanzi di letteratura araba