Dopo Volkswagen, Renault ed FCA, ora a finire sotto la lente di ingrandimento delle autorità francesi è il gruppo PSA: sotto richiesta dell’Eliseo, il tribunale di Parigi sta infatti indagando su una possibile frode emissioni relativa ai motori turbodiesel Euro 5 installati sotto ai cofani di Peugeot e Citroen. Anche in questo caso si cercano eventuali “defeat device” in grado di alterare i valori relativi agli ossidi di azoto.
PSA ha immediatamente dichiarato la propria innocenza attraverso una nota ufficiale: “Non abbiamo mai adottato software o dispositivi in grado di riconoscere i test e di attivare sistemi di trattamento delle emissioni. Le verifiche condotte da diverse autorità francesi ed europee hanno confermato che i nostri veicoli rispondono a tutti i criteri normativi”.
Tuttavia secondo l’Istituto francese di ricerca e formazione Energies Nouvelles, cinque vetture di PSA analizzate nel 2016 avrebbero emesso quantitativi di NOx molto superiori al consentito durante i test autostradali a motore caldo: ciò potrebbe portare presto all’apertura di un’inchiesta giudiziaria.
I motori sotto accusa sono dotati di un sistema di ricircolo dei gas di scarico (EGR): il funzionamento di quest’ultimo viene ridotto nell’utilizzo extraurbano/autostradale per incrementare l’efficienza e ridurre le emissioni di CO2, visto che, secondo i tecnici PSA, le emissioni relative agli NOx ed al particolato sono meno critiche quando si guida fuori città.
Va ricordato che recentemente l’Unione Europea ha redatto le prime linee guida che aiuteranno i Paesi membri responsabili delle omologazioni a stabilire se i dispositivi software identificati come sospetti durante i controlli siano a norma di legge o fraudolenti: saranno leciti solo quelli che arrestano momentaneamente il funzionamento dei sistemi anti inquinamento se questi ultimi rischiano di danneggiare irrimediabilmente il motore. Ed i costruttori dovranno fornire prove incontrovertibili a riguardo.