“La dignità dei bambini va rispettata: chiediamo che sia eliminata la schiavitù dei bambini-soldato in ogni parte del mondo”. Ad affidare questo messaggio a un tweet è stato Papa Francesco, in occasione della Giornata mondiale contro l’impiego di bambini nei conflitti armati che ricorre oggi, in memoria dell’entrata in vigore, il 12 febbraio del 2002, del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’Infanzia. Un documento con il quale è stata innalzata l’età minima per la partecipazione diretta agli scontri a fuoco dai 15 ai 18 anni e vietato il servizio di leva o il reclutamento forzato al di sotto della maggiore età. Eppure, a 15 anni da quella data, sono oltre 250mila i bambini impiegati nei conflitti in tutto il mondo e, secondo un rapporto dell’Unicef un minorenne su nove vive in Paesi colpiti da guerre. Decine di migliaia “sono usati come combattenti, messaggeri, spie, facchini, cuochi – ricorda l’Unicef – e le ragazze, in particolare, sono costrette a rapporti sessuali e private dei loro diritti e dell’infanzia”.
NEL MONDO 250MILA BAMBINI SOLDATO – Oltre un miliardo di ragazzini vive in 42 Paesi colpiti, tra il 2002 e oggi, da violenti conflitti. In questi stessi territori, negli ultimi 15 anni, un miliardo di adolescenti è stato esposto al rischio di reclutamento. Questi bambini sono sfruttati da eserciti statali, paramilitari e gruppi ribelli e ormai nel 40 per cento dei casi ad essere arruolate sono anche bambine. Tra i Paesi dove il fenomeno è più diffuso ci sono Siria, Mali, Repubblica Democratica del Congo, ma anche Repubblica Centrafricana, Ciad, Somalia, Filippine, Yemen. E poi c’è il Sud Sudan, Paese per il quale l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha espresso profonda preoccupazione. Il numero di persone in fuga dal Sud Sudan ha raggiunto, infatti, il picco di 1,5 milioni da quando il conflitto è scoppiato nel dicembre 2013. A oltre tre anni dall’inizio del conflitto, i minori continuano a essere reclutati da forze e gruppi armati: secondo l’Unicef, nel 2016 sono stati arruolati 1.300 bambini. Dal 2013 a oggi in quei territori sono stati impiegati 17mila giovanissimi soldati. Ma i numeri raccolti dall’Unicef e dai suoi partner vanno oltre: negli ultimi tre anni, infatti, sono stati 2.342 i piccoli uccisi o mutilati, 3.090 quelli rapiti, 1.130 sono stati vittime di abusi sessuali. In totale 1.932 bambini sono stati rilasciati da forze e gruppi armati, 1.755 nel 2015 e 177 nel 2016.
IL MESSAGGIO DELL’UNICEF – Attualmente 172 Stati hanno firmato il Protocollo Opzionale, mentre 153 lo hanno ratificato impegnandosi a non reclutare nelle proprie forze armate persone al di sotto dei 18 anni d’età. Ma c’è un divario tra gli obblighi assunti dai Paesi e la loro effettiva pratica. Si stima, infatti, che se tra il 1998 e il 2008 almeno 25 Stati hanno fatto uso di minori nelle proprie forze armate, oggi (a distanza di diversi anni) sono 23, appena due in meno. “Non possiamo aspettare la pace per aiutare i bambini intrappolati nelle guerre” afferma il presidente dell’Unicef Italia Giacomo Guerrera, secondo cui è necessario “investire in interventi concreti per tenerli lontani dalle linee di combattimento, soprattutto attraverso l’istruzione e il sostegno economico”. Questo è già accaduto: “Solo nel 2015, l’Unicef ha assicurato il rilascio di più di 10mila bambini da forze o gruppi armati e ha contribuito a reintegrarne 8mila”.