In una nota del Pd vengono smentiti i virgolettati di Renzi su dimissioni immediate, congresso ad aprile ed elezioni a giugno. Gli sfidanti su tutte le furie. Emiliano: "Non può essere il nostro candidato e non può catalizzare la nuova sinistra". Rossi: "Presa in giro, si dimetta come Bersani"
“Basta con la tattica del logoramento“. Il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini risponde a chi ha attaccato Matteo Renzi, in ultimo luogo per la sua ambiguità sulle dimissioni. “Si è superato il livello di guardia”, incalza Guerini, che pone a tutti una ferrea condizione: “Domani si terrà una direzione in cui il segretario dirà in modo chiaro la prospettiva che intende proporre al partito e al Paese. Da lì, dalla proposta che verrà avanzata ognuno, mi auguro, assumerà responsabilmente una posizione chiara“.
“A dicembre ci è stato chiesto di non fare subito il congresso, poi no elezioni senza congresso, poi no alle primarie, poi sì al congresso ma non “troppo anticipato” – aggiunge ancora Guerini – A tutti vorrei rispondere così: se si anticipa il congresso lo si anticipa davvero, senza formule fantasiose, ma con le procedure e la strada indicata dallo statuto e cioè convenzioni nei circoli e poi elezione del segretario con primarie aperte. Punto”.
La direzione del Pd è programmata per le 14.30 di lunedì. Intanto il partito in una nota ha smentito i virgolettati attribuiti a Renzi circa una pronta volontà di rassegnare le dimissioni domani per accelerare il congresso ad aprile e votare a giugno. “Renzi parlerà solo domani”, precisa la nota. E tuttavia l’indiscrezione ha subito innescato una serie di reazioni come fosse cosa fatta. Su tutte, quella dei rivali dichiarati Emiliano e Rossi, entrambi a Firenze – proprio la città di Renzi – per l’iniziativa federativa “Può nascere un fiore. Di nuovo, la sinistra”. In platea molti esponenti della sinistra dem che cercano conferme all’annuncio e trovano invece la smentita.
Esulta, ma con cautela, il governatore della Puglia Michele Emiliano: “Quindi, ha ceduto. Ma è sicuro che ha ceduto e si dimette? Perché può darsi che stanotte cambi idea come gli capita spesso. È chiaro che era inevitabile dimettersi da segretario”. L’ambiguità delle scelte di Renzi manda su tutte le furie anche l’altro candidato alla segreteria Pd Enrico Rossi: “Questa è una presa di giro. Bisogna che Renzi dia le dimissioni come ha annunciato di dare, come ha già fatto Bersani, poi una segreteria di garanzia come quella di Epifani che ci porti a fare il congresso e a discutere sulla linea politica”. “Tutto questo agitarsi – ha aggiunto Rossi – non mi pare che sia nelle corde del Paese. Il Paese ha bisogno come i nostri elettori, cittadini, iscritti, di una discussione seria ed un governo che dia delle risposte”.
Governo che, secondo Emiliano, non potrebbe in ogni caso avere Renzi come candidato, né come catalizzatore del progetto federativo che si muove a sinistra. Perché “normalmente sbaglia le scelte e ci porta alla sconfitta”. Sarebbe una “rovina”, attacca ancora. “Una campagna elettorale fatta con l’immagine di Renzi leader del Partito democratico per noi sarebbe una rovina”, ha detto nel corso di una intervista a RaiNews24. “Anche le correnti che hanno sostenuto Renzi – ha rilevato – sanno che Renzi non può continuare a guidare il partito. Sanno di avere un leader che, nei momenti topici, normalmente sbaglia le scelte e ci porta la sconfitta”.
Il tam tam degli antirenziani doc è blindare l’annuncio prima che passi. “Per aprire una nuova stagione abbiamo bisogno di onestà intellettuale”, sottolinea Alfredo D’Attorre. “Questi tre anni di governo Renzi ci consegnano un fallimento, anche nella fase apicale della parabola renziana. Le condizioni del paese lo dimostrano. Ma se vogliamo costruire un nuovo centrosinistra non c’e una mitica età pre-renziana a cui tornare. Noi dobbiamo chiudere questa parentesi, che è una coda, non è il futuro”.
Anche Francesco Boccia mette all’angolo Renzi: “Dobbiamo fare un congresso vero, chi farà il segretario del Pd non è il padrone del Pd, il primo dovere che ha è di ascoltare tutti. Un partito che pensa che le politiche pubbliche debbano basarsi sui bonus e non sui diritti non può essere un partito di sinistra”. Per Boccia serve tempo per discutere in una fase congressuale “cosa non abbia funzionato nel governo del Paese con Renzi.” Del resto, ricorda, “io non ho trovato sinistra quando è stato fatto amministratore delegato di Mps l’ad di Jp Morgan”.
Aleggia nella sala anche un’altra anticipazione. E’ l’intervista di Romano Prodi realizzata per Di Martedì che viene anticipata alla vigilia della direzione. Prodi da una parte auspica che non si corra al voto, dall’altra guarda con favore i movimenti della sinistra innescati delle uscite di Giuliano Pisapia. “Bisogna votare a fine legislatura – dice il Professore – con una legge che preveda il collegio uninominale perché con la crisi dei partiti almeno si conosce chi è il candidato, un piccolo collegio e uno deve conquistarsi gli elettori”. E poi l’apertura sul progettio federativo dell’ex sindaco di Milano: “Ho una stima personale per Pisapia, la proposta vedremo come si articolerà. Ho passato tutta la mia vita politica per mettere assieme i riformismi, cattolico, socialista, liberale, in modo da creare un paese nuovo…”.