Negli ultimi 15 anni è quasi raddoppiata la spesa per le pensioni dei dipendenti pubblici, arrivata a 67,4 miliardi di euro nel 2015, contro i 37 miliardi del 1999: un incremento dell’82%. Nel frattempo le entrate dell’Inps, che alla fine del secolo scorso con 36 miliardi pareggiavano quasi le uscite, non sono riuscite a tenere il passo, fermandosi a quota 60,4 miliardi. Si è creato così un “buco” di oltre 7 miliardi di euro. I dati sono contenuti nella relazione del ministero dell’Economia sugli andamenti della spesa pensionistica e delle relative entrate per i dipendenti pubblici e sono stati rielaborati dall’Adnkronos.
Fino al 2006, l’ultima volta in cui il calcolo delle uscite (48,6 miliardi) e delle entrate (48,9 miliardi) ha dato risultato positivo, i versamenti erano riusciti a tenere il passo. Poi il costo delle prestazioni pensionistiche ha continuato a lievitare fino a quota 67,4 miliardi, mentre la crescita delle entrate contributive (e trasferimenti) non è stata altrettanto rilevante.
Nel dossier si osserva una crescita costante della spesa per le pensioni dei dipendenti pubblici, che rallenta solamente dopo il 2012, anno in cui la gestione ex Inpdap è confluita nell’Inps. Prima gli incrementi oscillavano dal 3,4% (del 2004, 2005 e 2012), al 5,8% del 2009, mentre negli ultimi tre anni l’incremento più alto è stato il 2,6% registrato nel 2015 (2,3% nel 2013 e 1% nel 2014). In termini assoluti non si è riusciti nell’ultimo anno a replicare il risultato del 2014, quando la crescita aveva superato di poco il mezzo miliardo. L’aumento nel 2015 è stato infatti di 1,7 miliardi di euro. Sempre in termini assoluti, l’incremento più rilevante è quello del 2009, quando la spesa pensionistica è cresciuta di 3,1 miliardi rispetto all’anno precedente.