Un guappo violento e prepotente si aggira per l’Inghilterra. Dio salvi il re, e tutti i suoi successori, e tutti i pretendenti al trono, perché Riccardo la Corona la vuole per sé, Sacra e Unita. Brutto, untuoso, deforme non per muovere a disgusto ma per chiederci come sia possibile che il potere passi attraverso l’orrore fisico e morale e trionfi indisturbato. Quasi simpatico.
Un Riccardo Terzo dalla battuta pronta quello di Oscar De Summa, un intrattenitore da crociera, un narcisista che alza l’asta dell’ambizione personale per mettere alla prova la fragile follia femminile. Pubbliche virtù di giustizia e di candida morale, vizi privati, meccanismi inspiegabili che fanno di un gobbo e storpio, di un tappo dal riporto d’asfalto un irresistibile tombeur de femmes. Potere fascino popolarità, tutti elementi di un personal branding che è già l’orrore che stiamo vivendo, di una miseria umana che vuole tutto subito esponendosi senza alcuna vergogna e ottenendo nulla.
Riccardo III e Le Regine, andato in scena venerdì 3 febbraio al Teatro Comunale Laura Betti di Casalecchio di Reno (BO), parte dalle tecniche della Neuro Programmazione Linguistica, per stessa ammissione dell’autore e protagonista De Summa. Riccardo usa insomma i trucchi dei ciarlatani, la persuasione dei venditori di pentole e materassi per conquistare un regno. Sembra incredibile, ma è così. Chi potrebbe mai dire che un uomo dall’aria ripugnante possa prendere in scacco un Paese grazie alla sua capacità di convincere, alla sua determinazione che lo rende più uno scienziato sociale che un imprenditore del potere. E le vittime preferite sono le donne, cavie da laboratorio sottoposte a riflessi pavloviani dei sentimenti, dell’eros, della psicologia.
Nessuno ne esce bene, per primi noi che dal pubblico raccogliamo le rivelazioni di Riccardo Terzo, narratore consapevole, che ci spiega con una voce che carezza le tecniche per abbindolare, e noi a verificarne curiosi come scimmie l’efficacia sul palco. Sperando di poter ripetere a casa il viscido trucco.