A giorni il ddl sul testamento biologico in discussione alla Commissione Affari sociali della Camera andrà in aula. Forse il 20 febbraio. Come era facile immaginare, il clima politico in cui sta avvenendo la discussione non è tra i più idilliaci. C’è il rischio di una spaccatura: sul fronte della maggioranza di governo, il Pd relatore della legge potrebbe accogliere emendamenti proposti soprattutto dai cattolici e dai moderati che appoggiano il governo, pagando il prezzo politico di svuotare e snaturare il testo.
Ma cos’è il testamento biologico? E’ la possibilità da parte del cittadino che sapendo di rischiare nel tempo di ammalarsi di una malattia grave mette per iscritto e in anticipo, in modo consensuale con il medico, le condizioni di massima per la sua cura. Il testo di legge prevede ovviamente molte clausole come il consenso informato, il caso dei minori e degli incapaci, le disposizioni anticipate di trattamento (Dat), la pianificazione condivisa delle cure.
Ma non tutti vedono questa legge di buon occhio. Il Vaticano ha appena licenziato la nuova Carta per gli operatori sanitari con la quale si dice esplicitamente che rispetto al testamento biologico “il medico non è comunque un mero esecutore” e ha “il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà discordi dalla propria coscienza”. A ruota seguono i medici cattolici che rivendicano la possibilità di “consentire ai medici, quando devono dolorosamente prendere atto della definitiva volontà del paziente di rinunciare alle cure, di esercitare una clausola che riconosca il primato della coscienza e consenta al medico di testimoniare la volontà di preservare sempre la vita”.
Ma non c’è solo la questione dell’obiezione di coscienza che se ammessa anche in forma ristretta annullerebbe il valore emancipativo del testamento biologico, c’è anche il sospetto, sempre in casa cattolica, che il testamento biologico possa manifestarsi come una sorta di eutanasia passiva o peggio un viatico per legittimare il suicidio assistito.
Il punto di fondo ha a che fare con il principio di auto-determinazione del malato e i suoi esiti in campo morale. Questo è sancito dalla Costituzione, dalla convenzione di Oviedo e da tutti i codici deontologici del mondo e di fatto segna la fine di un paternalismo, che ormai non regge più, e del connubbio tra legge morale e legge naturale. Fino a non molto tempo fa la medicina ha accettato che tale ordine dettasse oltre alle regole scientifiche anche quelle morali. Per cui la sessualità, secondo l’enciclica Humanae vitae, era finalizzata alla procreazione, la malattia era accompagnata dal dolore e la vita in tutte le sue forme, comprese quelle artificiali e vegetative, era in ogni caso un valore assoluto.
Questo da tempo non esiste più. Con la contraccezione ad esempio la sessualità è ammessa indipendentemente dalla procreazione. Con le cure palliative il dolore diventa un nemico da combattere. Con il caso Englaro si ammette la morte come soluzione ad una non vita. Ma a parte questi casi ormai con le bioingegneria genetica, gli ordini naturali oltreché essere aggiustati possono essere sostituiti. Per non parlare della trapiantistica e di tutta quella fattispecie di medicina nella quale tecnologia e biologia convivono sotto forma di protesi, di device, di presidi di ogni tipo. Ebbene in tutti questi casi la legge morale rispetto alla malattia come rappresentazione naturale acquista sotto varie forme una sua crescente autonomia.
Il testamento biologico nei fatti fa la stessa cosa. Il rifiuto di inutili trattamenti invasivi, dell’accanimento terapeutico, della nutrizione artificiale, di interventi chirurgici inutili, ci dicono che è possibile che una regola morale appartenga al malato in modo distinto e autonomo da quella del medico e della scienza.
Credo che a preoccupare a parte le finte questioni tecniche su questo e su quello sia soprattutto l’autodeterminazione quale condizione per avere come cittadini una certa autonomia morale. La nostra autonomia morale preoccupa e fa paura. Del resto mi chiedo che testamento sarebbe quello che contrappone alla volontà del malato la volontà del medico o della sua morale? Siccome per fare testamento bisogna essere proprietari dei beni testamentari opporsi al testamento biologico per esempio con l’obiezione di coscienza significa che i beni testamentari non sono di proprietà dei malati ma di qualcun altro. E questo in tutta franchezza lo trovo assai discutibile.