Accolta la richiesta di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud di adottare "contromisure" nei confronti di Pyongyang dopo il nuovo lancio di un razzo, in grado di trasportare una testata nucleare, verso il mare nipponico. Il premier Abe: "Intollerabile". Trump: "Siamo al 100% con lui"
Seduta del Consiglio di sicurezza dell’Onu convocata d’emergenza per discutere del nuovo test missilistico portato a termine domenica dalla Corea del Nord. Accolta la richiesta di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, come ha annunciato un portavoce della missione ucraina, che questo mese detiene la presidenza dei lavori del massimo organismo Onu, spiegando che la riunione avverrà a porte chiuse a New York alle ore 17 (le 23 in Italia).
Nella seduta verranno trattate le “contromisure” da adottare verso Pyongyang, che eseguendo il lancio di un missile a medio raggio ha violato gli obblighi fissati dalle risoluzioni varate proprio in risposta ai lanci balistici e ai test nucleari nordcoreani degli ultimi anni.
Kim Jong-un ha annunciato il successo del test, che appare come un primo messaggio rivolto al presidente americano, dal suo insediamento del 20 gennaio. L’intelligence sudcoreana (e americana) ha segnalato nelle ultime settimane che i tempi erano maturi per la provocazione del regime in vista di marzo/aprile, quando Seul e Washington terranno le esercitazioni militari annuali congiunte (note come Key Resolve/Foal Eagle) che si annunciano come le più grandi e su vasta scala mai organizzate come deterrenza verso il Nord.
Il nuovo test è un’iniziativa “assolutamente intollerabile“, ha commentato il premier Abe in una video-dichiarazione insieme a Trump. “Voglio che tutti capiscano e sappiano che gli Stati Uniti sono al 100% al fianco del Giappone, un grande alleato”, ha affermato il presidente Usa. In Corea del Sud il premier e presidente reggente Hwang Kyo-ahn ha assicurato che il Paese avrebbe adottato “un responso corrispondente” d’intesa con la comunità internazionale. Sulla stessa posizione l’Unione Europea, mentre la Farnesina ha appreso la notizia “con grande preoccupazione” perché “i ripetuti test di missili, unitamente allo sviluppo di un arsenale nucleare, costituiscono una minaccia a pace e sicurezza internazionale”.
Le prime valutazioni del Comando di Stato maggiore congiunto sudcoreano destano qualche allarme: il vettore è stato valutato come “un Musudan a gittata intermedia modificato e possibilmente dotato di motore a combustibile solido”. Gli stessi nordcoreani hanno poi confermato di aver utilizzato tale combustibile. Questo lascia intendere che Kim Jong-un stia puntando ai missili intercontinentali, dato che il combustibile solido ne è uno dei requisiti essenziali. Dalla base aerea di Banghyon erano già partiti due Musudan il 15 e il 20 ottobre: in totale Pyongyang ne ha testati otto nel 2016 (uno solo ha avuto parziale successo). Sarebbero capaci di coprire 3-4.000 km, fino al territorio Usa di Guam. Nel discorso alla nazione di inizio anno, il leader Kim Jong-un aveva annunciato che i preparativi di un missile intercontinentale avevano “raggiunto la fase finale“.