Soggiorni con tutta la famiglia all’hotel “Villa Diodoro” di Taormina e nell’albergo “Colomba” di Firenze. Ma non solo. “Questo è per il signor Gianni”. Il regalo era un Rolex e serviva a corrompere, secondo la Dda di Reggio Calabria, l’ingegnere dell’Anas Giovanni Fiordaliso arrestato per corruzione in quanto avrebbe favorito gli imprenditori Bagalà impegnati nella realizzazione dello svincolo autostradale di Rosarno.

Orologi che sono stati trovati dagli uomini della Guardia di finanza, guidati dal colonnello Agostino Brigante, durante la perquisizione a casa del funzionario dell’Anas, finito tra i 25 soggetti destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nell’ambito dell’inchiesta “Cumbertazione” Molti di loro erano già in carcere perché sottoposti al fermo firmato nelle scorse settimane dal procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho e dall’aggiunto Gaetano Paci.

Un inchiesta che, assieme a quella congiunta della Dda di Catanzaro, ha scardinato il sistema degli appalti in Calabria. Un sistema che si avvaleva anche di Giovanni Fiordaliso al quale è stato concesso il beneficio degli arresti domiciliari. Secondo la Dda di Reggio, infatti, avrebbe fornito a Francesco Bagalà, soggetto ritenuto vicino alla cosca Piromalli, informazioni riservate nonché il format del file Anas con il relativo logo grazie al quale l’imprenditore che aveva vinto l’appalto per lo svincolo di Rosarno poteva compilarsi da solo la “relazione riservata del direttore dei lavori” poi firmata da Fiordaliso.

Inoltre, quest’ultimo, avrebbe più volte favorito le imprese dei Bagalà facendo pressioni su una dipendente dell’Anas affinché venisse accelerata la procedura di firma dello stato di avanzamento lavori cercando di convincere altri funzionari dell’Anas ad attivare la procedura finalizzata a giungere ad un accordo bonario il più possibile remunerativo per l’appaltatore. I Bagalà, infatti, avevano vinto l’appalto con un ribasso di oltre il 40% e per recuperare quei soldi avevano fatto ricorso a “riserve” del progetto che dovevano giustificare una maggiore spesa da parte dell’Anas. “L’ingegnere Fiodaliso – scrive il gip nell’ordinanza – patrocinava ripetutamente gli interessi del Bagalà, abdicando alla neutralità della sua posizione di direttore dei lavori. Nella stessa prospettiva, si impegnava ad ostacolare l’operato dell’ingegnere Consolato Cutrupi”.

In qualità di responsabile unico del procedimento dei lavori, infatti, Cutrupi (anche lui dipendente dell’Anas) aveva riconosciuto nella sua relazione solo alcune riserve per un importo di poco più di un milione di euro ma nettamente inferiore a quello proposto da Fiordaliso nella “relazione riservata”, compilata direttamente dagli imprenditori Bagalà. “Alle sue resistenze, il Cutrupi veniva invitato a rinunciare all’incarico tanto dal Fiordaliso (‘Io se fossi al posto tuo me ne tirerei fuori’ è la frase intercettata dalla guardia di finanza, ndr) quanto da Bagalà Francesco”. “Ingegnere, ma cu va faci fari” è la frase che l’imprenditore espressione della cosca Piromalli avrebbe detto al funzionario dell’Anas che voleva svolgere il suo lavoro correttamente.

“Vi ho preso un telefonino con una scheda tre e l’ho inserita dentro”. “Va bene, siete un grande. A nome vostro è la scheda sempre?” “Sempre a nome mio, non vi preoccupate”.  Il funzionario dell’Anas veniva dotato anche di cellulari “puliti” per discutere dell’appalto con i responsabili dell’impresa di Bagalà.

Il gip Davide Lauro, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, ha definito “infedele” la condotta del funzionario dell’Anas Giovanni Fiordaliso in quanto avrebbe violato “il dovere di segretezza” e avrebbe speso la sua “funzione perorando le ragioni dei Bagalà”. In più occasioni, inoltre, nei confronti di questi ultimi “si rapportava come autentico consigliori”. Viaggi e Rolex che hanno convinto il giudice per le indagini preliminari a definire il comportamento di Fiordaliso “ispirato al baratto dell’utile pubblico con l’interesse personale”.

Sebbene incensurato, il funzionario dell’Anas finito agli arresti domiciliari, “intratteneva – scrivono i magistrati – una relazione di perdurante asservimento agli interessi dei Bagalà sintomatica, oltre che della gravità della condotta, anche di una non comune perseveranza nell’illecito, testimoniata anche dalla disinvoltura nel chiedere a terzi di procurargli telefoni e sim card ‘puliti’”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Antonio Caridi, chiesto il processo per il senatore di Gal: “Fa parte del sistema ‘riservato’ della ‘ndrangheta”

next
Articolo Successivo

‘Ndrangheta, olio contraffatto dall’Italia agli Usa: altri dodici arresti: anche componenti clan Piromalli

next