Politica

Pd, Renzi in direzione: “Congresso prima del voto. Scissione? Ricatto morale”. Emiliano: “Non ti capisco più, mi candido”

Ok alla mozione dei renziani: congresso prima possibile. Bersani: "No a congresso cotto e mangiato, sarebbe all'insegna di autoreferenzialità e isolamento. E assicuriamo sostegno al governo fino al 2018". Cuperlo: "Rischiamo di finire come le balene che seguono il capobranco e si spiaggiano". Delrio: "Divisi, indeboliamo il Paese". Orlando all'ex premier: "Dopo il referendum è mancata la proposta politica. Ma a Bersani dico: basta delegittimazioni"

“Si dice ‘o fai il congresso prima delle elezioni o me ne vado’, mi sembra un ricatto morale e sono difficilmente incline a cedere ai ricatti, ma credo che sia buon senso di chi ha la responsabilità accettare il congresso prima delle elezioni”. E’ così che il segretario del Pd Matteo Renzi ha annunciato la convocazione del congresso nei prossimi mesi, durante la relazione alla direzione del partito riunita per decidere il percorso futuro. La sua relazione, alla fine, dopo gli interventi dei principali leader delle minoranze, è stata approvata a larghissima maggioranza: 107 voti a favore, 12 contrari, 5 astensioni. La linea della mozione che ha avuto il via libera è stata: congresso prima possibile (l’implicito è: elezioni politiche il prima possibile).

C’è da capire ora quando il congresso sarà convocato e se la modalità saranno le sue dimissioni, come chiede una parte del partito. E per questo sarà convocata il prima possibile, forse già domenica prossima, l’assemblea che dovrà definire tutta la cornice sull’assemblea. “Si chiude un ciclo alla guida del Pd” ha detto Renzi. “Ho preso un Pd che aveva il 25 per cento e nell’unica consultazione politica lo abbiamo portato al 40,8“.

Il discorso ha toccato molte questioni di politica anche internazionale – come i fenomeni di Trump negli Usa o la Le Pen in Francia -, ma anche nazionale con “Sel sta per scindersi, Salvini e Berlusconi litigano, i Cinquestelle sono dilaniati al loro interno con una ferocia non immaginabile fino a poche settimane fa”, ma soffermandosi anche sulle dinamiche della politica estera che dovrebbero suggerire di combattere il lepenismo, il trumpismo, “il grillismo, al massimo“, piuttosto che trovare alternative al renzismo (“Troppa grazia”). Il riferimento è ovviamente all’atteggiamento della minoranza del Pd. Ma a più riprese Renzi ha affrontato – spesso senza citarli – i suoi avversari principali degli ultimi mesi, in particolare D’Alema e Michele Emiliano. “Tutte le volte che si dice che ‘siamo il partito dei petrolieri o dei finanzieri’ un iscritto un volontario ha uno stranguglione“. E mentre parla di banche trova il tempo di “ricambiare il pensiero” con D’Alema o Emiliano: “Non vedo l’ora che parta questa commissione d’inchiesta sulle banche. Sarà interessante discutere anche delle banche pugliesi, la Popolare di Bari, la Banca 121, oppure delle banche venete perché si è fatto credere che il problema delle banche italiane venisse da qualche banchetta territoriale toscana”.

Affronta anche il capitolo più difficile, il fantasma della scissione. “Non voglio scissioni – ha aggiunto tra l’altro il leader democratico – Ma se deve essere sia una scissione sulle idee, senza alibi e non sul calendario. Ho un’idea alta del congresso e ancor di più della scissione. E’ un momento drammatico che mette in subbuglio i sentimenti. Discutiamo le linee politiche e poi ci dividiamo. Mai avrei pensato a una discussione sul calendario: o si fa il congresso prima delle elezioni o è scissione. E’ una specie di ricatto morale e sono allergico ai ricatti“. Ma manda un altro messaggio alla minoranza: “Mi spiace, se costituisco il vostro incubo ma non sarete mai il nostro avversario’. Gli avversari sono fuori da questa stanza”. Per questo, precisa l’ex capo del governo, “io non sarò mai il custode dei caminetti, preferisco il mare aperto della sfida che la palude. Facciamo il congresso e chi perde il giorno dopo dia una mano, non scappi con il pallone, non lasci da solo chi vince le primarie, non faccia quanto avvenuto a Roma”. Il segretario in apertura del suo intervento aveva ricordato che “se digiti su google ‘resa dei conti Pd’ emerge un dato sconvolgente… Anche basta, diamoci una regolata tutti insieme. Evitiamo la personalizzazione del dopo referendum”. Aggiunge il segretario che “la faticosa abitudine che si chiama democrazia interna, che non si esaurisce con la richiesta di un congresso e del voto, non è a tempo, non è solo nel votare ma nel rispettare l’esito del voto. Chi non lo fa viola la prima regola interna di condotta. A chi immagina di dire vattene, dico venite, confrontiamoci, aiutateci a capire. Rendete contendibile la leadership, anche a chi è fuori dal Pd, c’è il tesseramento aperto fino al 28 febbraio“.

Sulla data del voto Renzi risponde che non dirà quando deve essere “per convinzione”: “Spetta al premier, ai ministri e ai parlamentari”. Il segretario è già pronto, spiega che ha già il manifesto pronto e annuncia un tour in Italia per “scovare i talenti migliori per questo partito e per le liste di domani”. E ai giornalisti chiede: “Liberatemi dallo spazio del pastone. Voglio girare tranquillo per capire cosa abbiamo sbagliato, cosa avremmo dovuto fare meglio e cosa abbiamo fatto bene”. Il segretario del Pd annuncia “un percorso di costruzione del programma dal basso” e dà appuntamento ai sostenitori al Lingotto, dove il Pd nacque nel 2007 “per dire quali cose hanno funzionato e quali no”.

Ma sull’accelerazione non lo segue nessuna delle correnti di minoranza (Emiliano, Enrico Rossi, Bersani, Speranza, Sergio Lo Giudice), ma nemmeno un pezzo di chi ha governato con lui, come Andrea Orlando, che – da pontiere – dice che non servono né congresso né primarie, piuttosto una conferenza programmatica, l’unico modo – dice – per rimettere insieme la comunità del Pd. “Ma quello era 4 puntate fa” ha ironizzato Renzi, rimettendo all’assemblea la decisione sulla tempistica.

Emiliano: “Mi candido a segretario, non ho capito dove Renzi voleva andare”
E’ l’occasione per il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano di annunciare la propria candidatura alla segreteria del Pd. “Io non appartengo a nessuna corrente. Sono un singolo. Io sarò tra i candidati alla segreteria. E’ una cosa, necessaria, che sento di fare. Ho sostenuto Renzi per il cambiamento ma in questi 1000 giorni io molte volte non ho capito dove voleva andare. Per questo a un certo punto il congresso è necessario, e non tanto per chi farà il segretario. Il mondo è cambiato e non sappiamo quale sarà la legge elettorale. Io escludo che nel tuo ragionamento si possa andare al congresso ad aprile, un congresso ad aprile senza conoscere la legge elettorale, è una di quelle cose che fa rischiare la scissione”.  Più precisamente, Emiliano dice a Renzi: “Se tu oggi davvero vuoi mettere il congresso al centro della nostra discussione e fare un processo in cui chiunque vinca sostiene l’altro, il processo deve essere autentico”. Emiliano, a margine, propone il congresso a settembre-ottobre e elezioni a febbraio. Quindi con la tempistica naturale della fine della legislatura.

Bersani: “No a congresso cotto e mangiato”
Il ragionamento più ampio, invece, è quello di Pierluigi Bersani che dice no a un “congresso cotto e mangiato”. “Non facciamo cose cotte e mangiate, che diventano delle conte. Organizziamo, anche chiamando forze da fuori. Per un confronto vero”. L’ex segretario dice di parlare non “da bersaniano ma da Bersani e sono preoccupato. Noi dobbiamo prendere delle decisioni. Per noi e per l’Italia perchè stiamo governando questo Paese. Quante cose vorrei replicare a quanto detto da Matteo. Ma il passaggio è serio e io salto su un altro registro. Vorrei provare a vedere se, a prescindere da questi tre anni, noi a questo tornante troviamo qualcosa che ci tenga assieme“. “Non è vero – dice Bersani – che mancano le idee, lo dice chi non ce le ha, ci mancano luoghi per discutere, confrontare e affermare le idee. Se diciamo congresso stiamo dicendo questo o perdiamo l’ultimo treno. Non facciamo le cose cotte e mangiate, organizziamo anche in preparazione del congresso luoghi di discussione”. “Se partiamo domani mattina facciamo il congresso del solipsismo, dell’autoreferenzialità, dell’isolamento. Dobbiamo coinvolgere mondi più vasti”. Quanto al partito, spiega, “abbiamo il problema di avere il tempo necessario per creare il clima congressuale”. “Se decidessimo diversamente, come mi pare di aver capito, si apre un problema molto serio. Perché noi quando si governa, ci si mette al servizio e si guida. Non si mette l’Italia nel frullatore. Concludo citando mia mamma: ‘chi ha più buon senso ce lo metta, perché ce n’è bisogno'”.

Sul richiamo di Renzi a combattere i populismi, specie di destra, più che gli avversari interni, Bersani sottolinea: “Noi non accoltelliamo alle spalle, avvertiamo che la destra arriva. Ce l’abbiamo già sotto i piedi se conosciamo l’Italia. Questa è una destra che se non togliamo noi, i voucher li toglie lei. E’ una destra sovranista, protezionista. E’ un campo di idee che sta entrando anche in casa nostra. Sta sviluppando egemonia. Ecco perché serve un campo largo”.

Anche per questo “prima di tutto il Paese. Quindi la prima cosa che dobbiamo dire è quando si vota. Comandiamo noi, possiamo lasciare un punto interrogativo sulle sorti del nostro governo? Non possiamo o mettiamo l’Italia nei guai. Io propongo che diciamo non solo il 2018, ma garantiamo davanti all’Europa, i mercati, gli italiani, la conclusione ordinaria della legislatura. Non possiamo parlare come la sibilla, lasciare la spada di Damocle sul governo per cui ci si aspetta che si dimetta in streaming…”.

Cuperlo: “Rischiamo di finire come le balene spiaggiate”
Per l’ex presidente del Pd “chi dice ‘contiamoci e vediamo chi ha i voti’ è come se andasse in bicicletta pedalando con un solo pedale. Il congresso sia sincero, anche aspro. Non si riduca a una conta di tessere”. “Matteo, tu non sarai mai il mio avversario – ha detto Cuperlo riprendendo un passaggio dell’intervento di Renzi – è vero che il congresso non si fa per decidere la data del voto, ma si fa per decidere cosa dire agli italiani prima di andare a votare, e poi conta il come”. “La mia convinzione è che seguire la stessa rotta ci porterà a una sconfitta: serve una sterzata”. Cuperlo fa un paragone tra il partito e il caso delle balene spiaggiate in Nuova Zelanda. “Il capo branco aveva perso l’orientamento. Sta a noi decidere se fare la parte delle balene o quella dei volontari che le salvano”.

Orlando: “Caminetti? Perché manca proposta politica. Ma basta delegittimazioni”
Prova a fare il pontiere Andrea Orlando, ministro della Giustizia, che sostiene che prima ancora di parlare di congressi e candidati serve parlare di idee e di programmi. Così sembra averne sia per Renzi sia per la minoranza del Pd. Per Renzi: “La sconfitta del sì ha fatto venire meno la strategia del centrosinistra di fronte alla crisi della democrazia. Oggi non c’è una proposta in campo su questo tema. Mi sarei aspettato anche qualche autocritica da chi ha sostenuto il No. L’onere della proposta tocca a noi. I caminetti sono iniziati perché manca una proposta politica forte in questo momento. Le cose che hai detto oggi ci avrebbero aiutate se le avessi dette all’Assemblea”, cioè due mesi fa. Per la minoranza Pd: “Il clima, lo voglio dire a Bersani, è fatto anche dalle dichiarazioni quotidiane, di chi chiede dimissioni – spiega il guardasigilli – Il segretario del partito è l’asset principale di cui disponiamo. E’ l’energia più forte per iniziare a parlare al Paese. Stop a una delegittimazione quotidiana, confronto sui contenuti, messa al bando della parola scissione”.

“Troviamo una via per discutere, ma il nostro statuto e il modo con cui si celebra il congresso non sono adeguati a questa discussione – ha sottolineato Orlando – Perché lo statuto è stato pensato in una fase diversa che serviva alla legittimazione del leader. Oggi, invece, dobbiamo ricostruire una piattaforma politica“. Orlando teme anche “le primarie, perché senza una restrizione del range di partecipanti, una condivisione della piattaforma, l’autodisciplina dei candidati finiranno per essere una sagra dell’anti politica. Il tutto consumato nella campagna elettorale delle amministrative”.

Speranza: “La scissione è già avvenuta, il congresso serve per ricucire”
Per un altro leader della minoranza e candidato alla segreteria, Roberto Speranza, la scissione in realtà è già avvenuta: “Se serve un congresso non è per evitare una nuova scissione ma per provare a ricucire un popolo che è in una situazione di grande difficoltà nei rapporti con noi. Sono solo io a non vedere che un pezzo della nostra gente si è persa per strada? Come nel mondo della scuola, dove c’è stata una frattura”. Speranza rivendica di essere stato tra coloro che ha “favorito” l’avvio del governo Renzi. “Ho pensato che di fronte a un fiume in piena che stava venendo addosso a tutti noi, la tua presenza a Palazzo Chigi potesse rappresentare una diga più alta. E’ stata una valutazione politica. Con la stessa franchezza io dico che dopo i mille giorni in cui tu sei stato il capo, ma è una cosa riguarda tutti noi, quella diga lì in qualche modo non regge. Perché alcune scelte di fondo che hanno riguardato il corpo sociale di questo paese non hanno convinto”. Speranza ha citato il ministro Orlando e qualcuno pensa già a un asse nuovo tra i leader più giovani tra quelli delle correnti del Pd: “Il gioco delle figurine è un rischio. In queste figurine mi ci metto anche io. Alcune delle cose dette da Andrea Orlando e in particolare la proposta di costruire un perimetro culturale prima del momento di conta più specifico, mi pare che vadano nella direzione giusta. Abbiamo il tempo per mettere il treno sui binari ed evitare che deragli”.

Delrio: “Uniti, non rassegnamoci all’alleanza con Berlusconi”
Un invito all’unità arriva dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio: “Nessuno dei nostri obiettivi – spiega – può essere raggiunto dividendoci: chi ha fatto la fatica di portarci fino a qui deve continuare a fare la fatica di stare insieme. Serve unità su contenuti, programmi, cose da costruire insieme, una prospettiva comune. Tutto il resto rischia di indebolire il Paese e l’Europa”. Per il resto: “Una cosa mi pare chiara: il congresso non è una sfida, è una necessità e un dovere”. Il ministro è stato uno dei pochi che è entrato nel merito della necessaria legge elettorale che servirà per andare alle elezioni: “Un dovere è fare rapidamente anche una legge elettorale che vada nella direzione di una democrazia governante, non ci arrendiamo a proporzionalizzare tutto, ricominciamo dal Mattarellum. Non rassegnamoci all’alleanza con Berlusconi”. In questo senso Delrio ha sottolineato l’iniziativa politica di Giuliano Pisapia per un’area che si allarghi a sinistra.

Rossi: “Al governo Renzi è mancata la visione del Paese”
“Un conto è stato il risultato elettorale alle Europee, altro conto è una sequela di risultati sui territori che non sono stati assolutamente incoraggianti. Dobbiamo domandarci se la nostra azione di governo è stata adeguata”. A dirlo è il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e candidato alla segreteria del Pd. “Io non dico che non c’è stato impegno. Quello che a mio parere è mancato – aggiunge – sono alcune scelte fondamentali. E persino una visione di fondo del paese. E cioè quali forze sociali vogliamo aiutare e quale sistema di alleanze vogliamo perseguire. Su questo non siamo stati adeguati”. Rossi indica alcune parole-chiave per rilanciare partito e Paese: “Povertà, legge elettorale e poi un segnale che ridia ai giovani un po’ di lavoro”. Priorità del governo Gentiloni: “Lì (tra i giovani, ndr) c’è una catastrofe, uno sprofondo di consensi, che non recuperiamo mettendo in tasca 500 euro ai diciottenni. Avremmo fatto meglio ad assumere 15mila giovani nella ricerca”, aggiunge Rossi. Anche per questo la minoranza del Pd appare unita: “Sono d’accordissimo nel mettere al primo posto l’interesse del paese e vedo che l’interesse del paese consiste prima di tutto nel far durare questo governo. C’è da dare al Paese una certa stabilità”.