Si chiama "Una scuola resiliente" l'iniziativa promossa dalla ong con gli uffici scolastici provinciali e l’associazione di psicologi dell’emergenza Sipem Sos Marche. L'obiettivo è far ritrovare ai più piccoli l’equilibrio perso per il trauma. Mario, prima elementare, ha raccontato: "Quando c’è il terremoto chiudo la porta per non farlo entrare. L’ultima volta l’ho lasciata aperta perché sono scappato in fretta ed è riuscito a infilarsi”
Anna dice che dopo il terremoto le sono venute le orecchie da pipistrello e adesso riesce a sentire anche i più piccoli rumori che possono segnalare una scossa. Davanti alla foto di un palazzo distrutto, Giovanni ha domandato alla psicologa: “Come hai fatto a farla senza farti male?”. Mario fa la prima elementare, gli hanno chiesto di parlare della sua casa danneggiata e ha risposto così: “Quando c’è il terremoto, chiudo la porta per non farlo entrare. L’ultima volta l’ho lasciata aperta perché sono scappato in fretta ed è riuscito a infilarsi”. In 167 classi di dodici istituti comprensivi delle province di Ascoli, Fermo e Macerata, bambini e ragazzi stanno raccontando da settimane le emozioni provate in quei minuti interminabili, quando i mostriciattoli, come li chiama Marco, hanno deciso di difendere Madre Natura costringendo migliaia di bambini marchigiani a imparare il significato di termini tecnici come magnitudo, epicentro e faglia ben prima di studiarli tra i banchi.
Grazie al progetto ‘Una scuola resiliente’, promosso dal Cesvi con gli uffici scolastici provinciali e in collaborazione con l’associazione di psicologi dell’emergenza Sipem Sos Marche, la ricostruzione dell’equilibrio psicologico dei più piccoli è iniziata in classe. Un cammino molto difficile per alcuni dei 2.657 alunni tra i 6 e i 13 anni coinvolti nell’iniziativa. Martina e Giulia sono rimaste sotto le macerie della loro casa per ore e hanno scolpito nei versi di due poesie il ricordo di quel mondo “orribile, fatto di pietre, polvere e gente che piange”. “Tornare alla normalità è possibile anche per loro attraverso incontri di carattere psico-educativo. Cerchiamo di raggiungere un obiettivo duplice: far passare il messaggio che la natura ha un doppio aspetto, non solo distruttivo ma anche costruttivo – spiega Milena Paglia, responsabile progetto del Cesvi – e stimolare la consapevolezza di quali siano le risorse interne e della comunità a cui si può ricorrere in situazioni di difficoltà”.
Il passaggio fondamentale consiste nel dare un nome alle emozioni e mostrare il proprio disagio. “Condividere la propria esperienza, rende i bambini più consapevoli e apre la strada alla ricostruzione del proprio benessere psicologico”, dice la vice-presidente di Sipem Sos Marche Elena Zito, psicologa che assieme ad altri undici operatori è sul campo dall’inizio dell’anno scolastico e ha fronteggiato l’emergenza ingigantitasi dopo le scosse di ottobre e poi ancora di gennaio. Un percorso che passa attraverso il gioco e l’espressione, a seconda dell’età degli studenti. “Utilizziamo immagini della natura, parliamo di come l’uomo la vede e la vive – racconta Zito – C’è poi un lavoro di riflessione sull’intensità delle emozioni e come gestirle: cerchiamo di rendere consapevoli i bambini riguardo alle strategie di difesa che mettono in atto automaticamente, in modo che possano valorizzarle”. In ogni classe resta un cartellone con i disegni e le frasi usate per raccontare il proprio rapporto con il terremoto.
Chi pensa che le difficoltà maggiori siano quelle dei più piccoli, però, si sbaglia: “Hanno meno sovrastrutture mentali rispetto ai grandi. I ragazzi delle medie – dice Paglia – sono più consapevoli e quindi dobbiamo dare spazio all’espressione, fare in modo che tirino fuori ciò che sentono in un’età nella quale già in situazioni normali c’è un atteggiamento di chiusura”. Filippo, però, sa di essere simpatico: “Quindi quando arriva il terremoto scherzo, così gli altri sorridono e stanno bene”, ha raccontato ai compagni di classe e agli psicologi del Sipem. “In questo contesto è fondamentale interagire con gli adulti, che incontriamo separatamente assieme agli insegnanti – aggiunge Zito – Cerchiamo di far capire che l’alleanza scuola-famiglia è fondamentale per il benessere dei figli”. E nel corso di questi mesi, al termine delle due ore dedicate a ogni classe, è spesso capitato che fossero proprio i genitori ad avvicinare gli operatori che stanno collaborando con il Cesvi. “Chiedono consigli, cercano una sponda. In tanti raccontano di nuove paure dei propri figli, come quella d’essere rapiti dagli extraterrestri. Un chiaro riferimento al terrore d’essere allontanati dai genitori”.
Per aumentare la propria resilienza, quindi per velocizzare il superamento del trauma, serve un corretto atteggiamento anche da parte di padri e madri: “Bisogna essere comprensivi e aperti nei confronti della libera espressione dei propri figli. Spesso atteggiamenti tipici di un’età inferiore sono solo un’auto-protezione dallo stress e dal trauma. La gestione del pathos da parte dei genitori è fondamentale”. Prima della fine dell’anno scolastico, gli psicologi torneranno in ogni classe per verificare se i ‘compiti’ assegnati sono stati svolti. Molti insegnanti hanno già segnalato un cambio di atteggiamento dopo gli incontri. Le orecchie da pipistrello di Anna hanno iniziato ad arrotondarsi e i mostri di Marco stanno tornando sottoterra. Filippo continua a scherzare, ma sempre più spesso gli altri stanno bene a prescindere.