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Usa, Donald Trump al Commercio sceglie l’avvoltoio di ‘Wall Street’

Chi non ha visto il film Wall Street? Nel film Gordon Gekko, interpretato mirabilmente da un Michael Douglas, è l’avvoltoio senza scrupoli di Wall Street che diventa miliardario grazie all’acquisto di aziende in dissesto. Purtroppo non è solo fantasia cinematografica, questa storia è accaduta davvero centinaia, migliaia di volte, anche se il dettaglio è un tantino più sofisticato. La differenza oggi è che noi abbiamo visto solo il film, ma la storia scritta nell’articolo su Bloomberg Businessweek Wilbur Ross and the era of billionaire rule (Ross e l’era dei miliardari che fanno le regole) è storia vera.

Wilbur Ross è il nuovo segretario al Commercio Usa, scelto da Trump perché sono amici da tempo! Trump, infatti, fu da Ross aiutato a uscire dai guai nel 1990, quando il forte investimento di Trump nel lancio di un Casinò in Atlantic City incappò nella fortissima crisi immobiliare di quel periodo e Trump, che pagò con junk bond (titoli spazzatura) la sua quota (di maggioranza) nell’investimento, vide il valore di quei titoli crollare fulmineamente e venne risucchiato in una pericolosissima procedura fallimentare. Ma fu salvato proprio da Ross, un vero specialista di pratiche fallimentari. Insieme convinsero gli altri soci a fare un accordo che salvò l’iniziativa e mantenne Trump al vertice dell’impresa.

Ross, che ora ha 79 anni, è stato per gran parte della sua vita professionale (fino a circa 60 anni d’età) consigliere finanziario per la famiglia Rothschild, poi si è specializzato nell’attività di private equity (investimenti finanziari attivati con patrimonio privato).

In pochi anni è diventato miliardario facendo operazioni sul genere di quelle raccontate nel film Wall Street. Funziona grossomodo così: il capitalista viene a conoscenza di una azienda medio-grande che versa in cattive acque a causa di una crisi. L’azienda ha bisogno di soldi, lui, o loro, propongono di entrare nella compagine sociale come soci di maggioranza e amministratori, attuando così una operazione di leverage buy-out (leva finanziaria esterna). Poi attivano una serie di interventi amministrativi utili a rinvigorire (superficialmente) la società (con modifiche organizzative, tagli al personale, ecc.). Quindi cominciano a svendere immobili, impianti, marchi, ecc. Questi interventi sul piano patrimoniale danno spesso l’opportunità di attivare anche la leva finanziaria (prestiti obbligazionari e/o bancari).

L’insieme di tutti questi interventi consente, in tempi anche brevi (un anno o due), di presentare bilanci molto più equilibrati. Ma la liquidità ottenuta deriva esclusivamente dai realizzi patrimoniali e dall’attività finanziaria, non dalla tipica attività industriale o commerciale dell’azienda. Quindi la storia di queste operazioni è che, quasi sempre, dopo aver spolpato ben bene l’azienda e aver recuperato abbondantemente il loro investimento, lasciano che l’azienda fallisca.

Siccome sono sempre loro, tramite società terze di loro proprietà, a comprare gli immobilizzi svenduti a prezzi di realizzo, è questo il modo che ha consentito a quelli come Ross di arricchirsi (ed essere giustamente additati dal popolo come vultureavvoltoi).

Loro si difendono dicendo che in diversi casi il loro intervento salva davvero l’azienda e che, anche negli altri casi, il fallimento era comunque certo. Può darsi, ma in quei casi il patrimonio che esce dal fallimento dopo il loro “banchetto” è molto diverso. Senza il loro intervento ai creditori privilegiati rimane molta sostanza utile a coprire il loro credito. Quando arrivano loro invece non rimane quasi niente di “commestibile”. Siccome è tutto legale, il curatore fallimentare resta a mani vuote, con un capitale sociale che dai “salvatori” è già stato spolpato.

Wilbur Ross, che negli anni novanta era ancora un semplice manager, magari ricco ma non ricchissimo, oggi, grazie alla sua “bravura” in campo finanziario, è un multimiliardario forse più ricco dello stesso Trump.

Come segretario al Commercio Usa Ross arriva al vertice di una struttura governativa potentissima (circa 47.000 dipendenti, più dei dipartimenti Lavoro ed Educazione messi assieme). Cosa faranno ora Ross e Trump in tandem? Si sa già che sono entrambi contrari agli accordi di libero scambio (Tpp, Ttip, Nafta, ecc.), che pensano di rilanciare l’economia con l’autarchia e che stanno pianificando di spendere qualche trilione di dollari in rifacimenti e riparazioni di opere infrastrutturali (dighe, ponti, strade, aeroporti, ecc.). Ma non è chiaro ancora come finanzieranno queste spese, che oggettivamente daranno un buon impulso ai consumi interni, ma è piuttosto dubbio che riescano davvero a convincere le grandi aziende (Apple, Google, Amazon, ecc.) che hanno parcheggiato i loro utili miliardari all’estero a portarli negli Usa per essere tassati, anche se la riforma fiscale in mente a Trump sembra (ancora una volta!) premiare proprio loro: i più ricchi al mondo.

Possiamo davvero pensare che due miliardari che finora hanno dato prova di abilità solo nel diventar ricchi sulle spalle di imprenditori veri e lavoratori, siano ora davvero impegnati a risolvere i problemi, già non piccoli, della loro nazione?