Cinque Stelle, rivoluzione o bluff? Adesso finalmente lo capiremo. Quando arrivi al potere – come a Roma e Torino – la verità viene fuori.
Ecco, lo vedremo dalla vicenda dello Stadio. Quel progetto voluto, bisogna ricordarlo, dal centrosinistra. Appoggiato dal centrodestra.

Ma adesso la parola finale spetta al Movimento Cinque Stelle. E allora verrà fuori se il sindaco di Roma è Virginia Raggi o Francesco Totti.
Passi per lo stadio, ma poi ci sono quei grattacieli disegnati dall’archistar Daniel Libeskind, che accetta di mettere la sua firma su operazioni immobiliari contestatissime (ne ha già fatto le spese Milano con le torri di City Life). Ma questa è l’Italia. Questa è Roma.

Ora Virginia Raggi e il Movimento Cinque Stelle dovranno dimostrarci chi sono davvero: se avranno a cuore prima di tutto l’interesse pubblico oppure quelli dell’imprenditore Parnasi o della banca Unicredit. Se sapranno finalmente dire NO ai signori del mattone e alle banche oppure se quando ci ballano 1,5 miliardi alla fine cederanno come hanno fatto finora gli altri.
Se avranno in mente un modello di sviluppo diverso per Roma che non sia il cemento e centri commerciali. Senza anima, senza qualità.

No, il punto non è lo stadio. Ma quelle torri, quel milione di metri cubi. Forse il più grande progetto d’Europa.
Il punto è la definizione di “pubblico interesse” che qualcuno vorrebbe dare al progetto. Per una colata che è uguale a quelle che hanno cementificato Roma e le sue periferie dagli anni Sessanta.
Dov’è il pubblico interesse?
Interesse pubblico o interesse – legittimo, ma privato – di Parnasi e Unicredit?

Vedremo cosa decideranno Raggi e il Movimento: speriamo non pensino di cavarsela tagliando qualche piano ai grattacieli.
Allora tanto valeva lasciar lavorare indisturbati il Pd, il centrodestra e i loro amici costruttori.
Se passerà questo progetto, pur se un po’ ridotto, allora potremo rivolgere alla Raggi e al Movimento quella battuta del film gli Intoccabili: “Sei solo chiacchiere e distintivo“.
Ma non andrà così. Vero?

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