La proposta di legge 206, firmata dal Pd, da consiglieri di centrosinistra e alcuni esponenti di Forza Italia e Ncd, istituisce l'assegno a 65 anni (quindi con almeno 1 anno e 6 mesi di anticipo rispetto ai lavoratori con 20 anni di anzianità) per gli onorevoli di Palazzo Campanella. Che avranno diritto alla reversibilità e pure all'indennità di fine mandato: un mese di stipendio per ogni anno di servizio, fino a un massimo di dieci
Il vitalizio no. Ma la pensione a vita e il trattamento di fine rapporto si. A due anni dall’abolizione di uno dei privilegi più cari ai politici, venti consiglieri regionali della Calabria ci riprovano. E lo fanno con la proposta di legge 206 che presto sarà discussa dalla massima assemblea regionale. Al protocollo generale del Consiglio ci sono le venti firme dalle quali è chiaro che, da destra a sinistra, il ritorno al passato è bipartisan.
L’idea è venuta al consigliere regionale del Pd Mimmo Battaglia, seguito a ruota da altri esponenti del suo partito: Giuseppe Aieta, Domenico Bevacqua, Sebi Romeo, Michele Mirabello e Antonio Scalzo. A loro si sono aggiunti anche altri consiglieri regionali di area Pd, ma eletti in liste di centrosinistra: Francesco D’Agostino, Arturo Bova, Mauro D’Acri, Giuseppe Giudiceandrea, Orlandino Greco, Franco Sergio e Vincenzo Pasqua. Completano l’elenco dei firmatari: Giovanni Arruzzolo (Ncd), Francesco Cannizzaro (Casa delle libertà), Baldo Esposito (Ncd), Giuseppe Graziano (Cdl), Ennio Morrone (Forza Italia) e Giovanni Nucera (La Sinistra).
Alcuni di loro, visto il clamore suscitato, stanno pensando di ritirare la firma dalla proposta di legge, altri lo hanno fatto prima e i loro nomi sono stati cancellati con un tratto di penna dal testo. Facendo il parallelo con “la disciplina prevista per i componenti della Camera dei deputati”, i consiglieri regionali puntano a istituire e disciplinare “un sistema previdenziale di tipo contributivo”. E lo fanno – si legge nell’articolo 2 della proposta di legge – “mediante corresponsione del relativo assegno in 12 mensilità”.
Un assegno che, se per i comuni mortali oggi arriva a 66 anni e 7 mesi con almeno 20 anni di contributi versati, per i consiglieri regionali della Calabria potrebbe arrivare già a 65. Ma se il consigliere sarà eletto per più di una legislatura, ogni anno a Palazzo Campanella varrà 12 mesi di anticipo sulla pensione, fino a un massimo di 5 anni. In poche parole, se un deputato regionale fa due o più legislature, avrà diritto alla pensione a 60 anni.
Se poi si considera che, in media, i consiglieri regionali si riuniscono una quindicina di volte l’anno e per farlo ricevono un’indennità di 6mila euro lordi più 3mila euro di “aggiunte forfettarie”, è difficile non considerare quella che oggi chiamano “pensione” una sorta di vitalizio camuffato. Per il quale è previsto, “in caso di decesso del consigliere” in attesa dell’agognata pensione, anche un trattamento di reversibilità ai familiari superstiti.
Ma il culmine si raggiunge con l’articolo 9 della proposta di legge che istituisce il trattamento di fine rapporto. Nella politica della ‘nduja cambiano le parole ma non il contenuto dell’“assegno di fine mandato”. Una buona uscita, in sostanza, stabilita “in una mensilità dell’indennità di carica e di funzione per ogni anno di servizio svolto e sino al massimo di dieci anni”.
Il giochetto costerà alle tasche dei calabresi oltre mezzo milione di euro l’anno (562mila euro), per l’adeguamento del sistema contributivo e altri 101mila euro per l’assegno di fine mandato.
Gli aspiranti pensionati potranno rivendicare il fatto che quelli sono contributi pagati durante gli anni trascorsi a Palazzo Campanella. Lo dice il consigliere regionale del Pd Mimmetto Battaglia: “È una pensione in proporzione ai contributi che abbiamo versato. Noi – aggiunge Battaglia – introduciamo con due anni di ritardo il sistema contributivo voluto dal governo Monti, come è in vigore alla Camera e in tutte le altre regioni d’Italia. La Campania l’ha presentato furbescamente nella legge finanziaria di fine anno. Noi abbiamo presentato un disegno di legge senza scorciatoie”.
E mentre nei corridoi del Consiglio regionale e all’interno del suo stesso partito c’è chi ha definito quel disegno di legge “una porcata colossale”, in soccorso a Battaglia arriva un altro consigliere, Giuseppe Giudiceandrea, capogruppo dei “democratici progressisti”, anche lui firmatario della proposta: “Nessun vitalizio verrà riconosciuto ai consiglieri regionali. Si è semplicemente voluto porre rimedio ad un’illegittimità conclamata, il mancato versamento da parte dei consiglieri regionali dei contributi per il trattamento pensionistico. In ogni caso, chiederò che sia sospesa la discussione del provvedimento in Consiglio finché non sia chiaro a tutti che non c’era e non c’è intenzione di alcuno di ricreare l’istituto odioso dei vitalizi”.
“È l’ennesima riprova di quanto inadeguata, cialtrona e arrivista sia la classe dirigente che attualmente guida la Regione”. È il commento del Movimento Cinque Stelle Calabria. I grillini si augurano “che il governatore Oliverio e il presidente del Consiglio Irto vogliano stoppare sul nascere questo tentativo di lucrare ancora sui sacrifici dei cittadini. In caso contrario, siamo pronti a scendere in piazza e a bloccare in ogni modo l’approvazione di una legge indegna”.
Il presidente della Regione Mario Oliverio fa sapere di aver “chiesto l’immediato ritiro della proposta di legge. Altrimenti sarò costretto a porre, per la prima volta, un voto di fiducia”. In attesa di capire se il governatore sia realmente intenzionato a bloccare il ritorno del vitalizio o se la sua sia una trovata per tirarsi fuori dalla mischia, anche il presidente del consiglio Nicola Irto parla di “autoreferenzialità” dei suoi colleghi e non considera “prioritario né utile il progetto di legge sul trattamento pensionistico degli eletti che deve cedere il passo alle ben altre emergenze che contraddistinguono la realtà socio-economica calabrese”.
Ma anche tra i firmatari c’è chi si sente preso in giro ed è pronto a ritirare la firma da quella proposta, ammettendo di averla sottovalutata in buona fede. E’ il consigliere Arturo Bova, presidente della Commissione regionale antimafia: “Mi è stata presentata la sera del 27 gennaio al termine dell’ultimo Consiglio. Sinceramente, ho firmato nella convinzione che si trattasse di un adeguamento della normativa regionale a quella nazionale. Sono nauseato. Adesso leggerò tutto e, ove ci fosse un tentativo di reintrodurre il vitalizio, ritirerò la firma immediatamente e ostacolerò la proposta. Farò succedere l’ira di Dio. Voglio chiarezza dalla maggioranza. Una cosa è parlare di adeguamento della normativa e un’altra è il vitalizio”.
La perla della giornata, è sempre del consigliere Giudiceandrea che, rispondendo a un giornale locale, svela i veri beneficiari della legge in mancanza della quale “da un lato – dice – non avremmo avuto il riconoscimento del lavoro svolto a fini pensionistici al raggiungimento dell’età prevista dalla legge, dall’altro (cosa di gran lunga più importante e grave) i consiglieri regionali calabresi (unici in Italia) non stavano contribuendo in nessun modo al pagamento delle pensioni degli anziani che oggi percepiscono il trattamento pensionistico”. Chi aveva malignato sul tentativo dei consiglieri di garantirsi un vitalizio, quindi, secondo Giudiceandrea non ha capito il desiderio della politica calabrese di contribuire alla sicurezza economica dei più anziani. Quello che il consigliere non dice, però, è che l’8,8% che ogni singolo deputato versa mensilmente non va all’Inps ma nel fondo pensioni del Consiglio regionale. Assieme al 24,2% pagato da tutti i calabresi.