Cosa vogliamo per San Valentino? Non vogliamo fiori, vogliamo diritti e la possibilità immaginare il nostro futuro.
La campagna lanciata in questi giorni da Unfpa “This Valentine’sDay, I don’t want flowers. I want a future”, si concentra, per la festa degli innamorati, sulla lotta ai matrimoni forzati e/o precoci. Se non si interviene, avverte il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, 70 milioni di bambine sotto i 18 potrebbero essere costrette a sposarsi nei prossimi 5 anni. Artisti e artiste si sono prestati alla causa e hanno realizzato delle bellissime foto per far emergere, in una giornata come questa, i diritti violati di donne e ragazze e l’impossibilità di amore e leggerezza se la libertà di scelta non è garantita.
I matrimoni forzati e precoci sono inclusi in quelle che vengono definite “pratiche dannose”, tra cui rientrano anche le mutilazioni genitali femminili (Mgf), un altro fenomeno contro cui donne e ragazze nel mondo si mobilitano da tempo. Come nelle foto della campagna Unfpa quello che è davvero importante, oltre tutto il lavoro in sinergia e in rete che si può fare, è ascoltare la viva voce delle giovani coinvolte.
Un paio di anni fa Fahma Mohamed, una studentessa di Bristol di diciassette anni, aveva lanciato una campagna per chiedere che tutti/e gli/le insegnanti della scuola primaria e secondaria ricevessero informazioni sulle mutilazioni genitali femminili (Mgf) e ne potessero quindi parlare in classe prima delle vacanze, periodo durante il quale le bambine originarie di paesi a tradizione escissoria rischiano di essere sottoposte alla pratica. La giovane attivista era riuscita a raccogliere quasi 250mila firme, convincendo così il ministro dell’Istruzione a scrivere a tutte le scuole del Regno Unito, sottolineando il loro dovere di proteggere bambine e ragazze.
Fahma ha ragione: gli/le insegnanti possono svolgere un ruolo importantissimo nella prevenzione delle mutilazioni genitali femminili, così come assistenti sociali, giornalisti/e, personale del sistema di accoglienza di rifugiati/e e richiedenti asilo, medici/he e infermieri/e, avvocati/e e molti altri ancora. Sono veramente tante le professioni che in Europa entrano in contatto con donne sottoposte alla pratica e bambine a rischio. E secondo le stime più recenti, se nel mondo le donne che hanno subito Mgf sono oltre 200 milioni, nell’Unione Europea sarebbero invece circa 550.000 solo tra le migranti di prima generazione, numero a cui aggiungere quelli relativi alle richiedenti asilo e alle cittadine europee provenienti da Paesi in cui la pratica è diffusa.
I numerosi settori professionali coinvolti corrispondono però spesso ad altrettante occasioni di sensibilizzazione e prevenzione mancate perché i/le professionisti/e non dispongono degli strumenti necessari. Come far emergere i casi di Mgf? Come approcciare un argomento così delicato e intimo senza ferire la sensibilità delle interlocutrici? Come preparare al parto una donna che ha subito la pratica? Come affrontare il tema sui media senza stigmatizzare donne e comunità coinvolte o rischiare di cadere in stereotipi e semplificazioni? E ancora: le Mgf costituiscono una motivazione su cui basare una richiesta di asilo? Qual è il ruolo della polizia e del sistema giudiziario?
Se la brochure informativa del progetto Change Plus costituisce un primo agile strumento per orientarsi all’interno di una questione complessa e ancora conosciuta in maniera troppo superficiale, una nuova piattaforma web europea si propone ora di rispondere a queste e a molte altre domande e di fornire ai/lle professionisti/e la formazione di cui hanno bisogno per sostenere in maniera efficace e con un approccio di genere e culturalmente sensibile le donne che convivono con le Mgf e le bambine a rischio. United to end FGM contiene un corso online in nove lingue, strutturato in sei diversi percorsi di studio (salute, asilo, applicazione della legge, protezione, istruzione e media), completamente gratuito e rivolto alle diverse categorie professionali che trattano direttamente o indirettamente le Mgf. La piattaforma è inoltre arricchita da sezioni informative che illustrano la situazione in 11 paesi europei: servizi a disposizione delle donne, contesto normativo, quadro politico e tappe fondamentali verso per l’abbandono delle Mgf. L’offerta è completata da webinar e forum di discussione che permetteranno l’interazione tra professionisti/e e lo scambio di buone pratiche.
La piattaforma, frutto del lavoro di un consorzio di 11 organizzazioni europee attive sul tema con competenze complementari, è stata lanciata ufficialmente il 3 febbraio a Malta all’interno di un grande evento della Presidenza maltese del Consiglio dell’Ue sulla violenza contro le donne che ha riunito società civile e istituzioni di tutta Europa. Aidos, associazione che rappresenta l’Italia all’interno del progetto, ha curato invece la presentazione a Roma il 6 febbraio (in occasione della Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili) a cui sono intervenuti rappresentanti del Dipartimento per le Pari Opportunità, dell’Unhcr, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione.