Morte entrambe, non si sa in quali circostanze. Le notizie che filtrano dalla stampa giapponese hanno un’unica certezza: le due donne sospettate dell’uccisione per avvelenamento di Kim Jong-nam, il fratellastro maggiore del leader nordcoreano Kim Jong-un, sarebbero a loro volta decedute. I giornali nipponici, nel riportare la notizia, citano imprecisate fonti del governo di Tokyo, secondo cui sarebbero in corso verifiche. Kim, assassinato lunedì mattina, attendeva di imbarcarsi all’aeroporto di Kuala Lumpur, in Malaysia, su un aereo per Macao.
Intanto, però, la polizia malese ha anche arrestato una “vietnamita” e una di nazionalità indonesiana sospettate di essere coinvolte nell’uccisione di Kim Jong-nam. Lo riporta l’Oriental Daily, secondo cui la prima ragazza, nata nel maggio 1998 a Nam Dinh, è stata identificata come Doan Thi Huong grazie alle telecamere di sicurezza dell’aeroporto. “La polizia sta cercando altre persone, tutti stranieri”, ha spiegato a Reuters il vice ispettore generale Noor Rashid Ibrahim, senza però fornire ulteriori dettagli. Secondo i media locali le forze dell’ordine sono alla ricerca di altri quattro uomini e di un’altra donna.
Solo poche ore prima della notizia della morte delle presunte avvelenatrici, la polizia malese aveva diffuso l’immagine di una delle due donne. Si tratta di frame registrati dalle telecamere di sicurezza del Terminal 2 dell’aeroporto della città malese e mostrano una donna dai tratti asiatici, carnagione chiara, vestita con una camicia bianca e una gonna blu, ripresa prima di salire su un taxi. Secondo le autorità la donna potrebbe essere una delle due sospettate di aver attaccato la vittima all’uscita dallo scalo, spruzzandogli sul volto una sostanza chimica. Alcuni media parlano in realtà di veleno iniettato. La polizia aveva lanciato un’operazione per identificare le due sospette. Troppo tardi, evidentemente.
Il cadavere dell’uomo è stato trasportato su un’ambulanza scortata da vari mezzi della polizia fino all’ospedale generale di Kuala Lumpur, dove i medici legali dovranno accertare le cause della morte e la sua vera identità. Almeno tre auto con targa diplomatica appartenenti alla delegazione della Corea del Nord in Malesia stazionano nel parcheggio dell’ospedale. L’ispettore generale della polizia malese, Khalid Abu Bakar, ha confermato che, stando ai documenti ritrovati in possesso della vittima, la vittima si chiama Kim Choled è nato a Pyongyang nel giugno 1970. Avrebbe dovuto imbarcarsi su un aereo con destinazione Macao, da dove era arrivato lo scorso 6 febbraio. Tuttavia, le autorità di Seul hanno confermato che la vittima sia il fratello maggiore del leader nordcoreano. Kim Jong-nam, 45 anni, un tempo considerato principale erede del padre Kim Jong-il, ma poi caduto in disgrazia negli ultimi anni e per questo, uscito dal Paese, viveva tra Hong Kong, Macao e Pechino, senza alcun incarico ufficiale. L’intelligence della Corea del Sud è convinta che l’uomo sia stato avvelenato e che a ordinare l’omicidio sarebbe stato proprio Kim Jong-un che avrebbe emesso un “ordine permanente” per uccidere il fratellastro. Un tentativo di ucciderlo si sarebbe già verificato nel 2012.
L’uomo perse definitivamente i favori del padre quando nel 2001 venne arrestato in un aeroporto di Tokyo con un passaporto dominicano falso che voleva utilizzare per entrare in Giappone e visitare Disneyland. Figlio del matrimonio tra il dittatore e la sua prima concubina, l’attrice Song Hye-rim, Kim Jong-nam ha attratto negli anni l’attenzione con le sue critiche al regime nordcoreano e al sistema di successione, espresse in più occasioni attraverso una corrispondenza con un giornalista giapponese e con dichiarazioni rilasciate alla televisione nipponica. Intanto la Cina segue gli sviluppi del caso dell’avvelenamento di Kim Jong-nam. A dirlo il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang che, nella conferenza stampa quotidiana, non ha confermato i report dei media internazionali secondo cui Pechino aveva concesso protezione a lui o alla sua famiglia. “Stiamo seguendo gli sviluppi”, ha rilevato Geng, insistendo che il caso è oggetto d’indagine in Malaysia. In Cina, intanto, la vicenda sta avendo l’ampia copertura dei media nazionali.