Il segretario si dimetterà domenica in assemblea, ma al contrario di quanto riportano alcuni quotidiani, non proverà a restare comunque in sella 'per gli affari ordinari'. E mentre continuano gli incontri delle varie correnti, la maggioranza renziana è a lavoro su due fronti: evitare la scissione e, in caso contrario, preparare le contromosse
Con una mano proverà a evitare fino all’ultimo la scissione, con l’altra lavora al piano alternativo. Attenzione: alternativo, non secondario. Quello che emerge dai retroscena dei notisti politici è un Matteo Renzi bifronte, che mentre cerca di salvare il salvabile studia già l’impostazione del contropiede. In tal senso, l’unico punto di partenza sicuro sono le dimissioni da segretario del Partito Democratico. In mattinata, tuttavia, una nota ufficiale dell’ufficio stampa del Nazareno si è affrettata a smentire l’ipotesi di Repubblica, secondo cui l’ex premier vorrebbe provare a restare ‘reggente’ del Pd dopo il passo indietro annunciato per domenica prossima in assemblea: una ricostruzione “destituita di ogni fondamento” fanno sapere dal quartier generale dem. La conferma arriva da un’altra notizia, diffusa ancora in mattinata e sempre dal quotidiano romano: a reggere il partito dopo le dimissioni di Renzi sarà il presidente Matteo Orfini, per molti il traghettatore ideale dall’assemblea al congresso e, particolare non di secondo piano, uomo per nulla sgradito all’ex sindaco di Firenze (come dimenticare le loro sfide alla play station…). Questo presunto cambio di rotta deriverebbe dall’ennesimo paletto dell’opposizione interna, fortemente contraria al Renzi dimissionario sulla carta ma in realtà ancora padrone, e da un incontro notturno del giglio magico. Da qui la concessione della maggioranza: il Giovane Turco reggente.
Resta un problema con lo statuto, tuttavia: come fanno notare fonti del partito, la figura del segretario ‘reggente’ non esiste nel caso in cui ci sia lo scioglimento anticipato dell’Assemblea, opzione necessaria per avviare il congresso anticipato. In quanto organo sovrano, però, l’assemblea può cambiare anche parti dello statuto. Al momento le regole prevedono che se il segretario cessa dalla carica prima del termine del suo mandato – come in questo caso con le eventuali dimissioni di Renzi domenica – l’assemblea può o eleggere un nuovo segretario per la parte restante del mandato o sciogliere in anticipo l’assemblea e dare il via al congresso. Tornando al presente squisitamente politico, Orfini ‘reggente’ non è l’unico segnale d’apertura verso la minoranza, a cui quasi sicuramente verranno concessi almeno una decina di giorni in più nel periodo di avvicinamento al congresso, con le primarie che – se questa ricostruzione dovesse rivelarsi veritiera – non si terranno più ad aprile, bensì a maggio.
I tempi non sono casuali: con questi scenari, le elezioni anticipate che Renzi voleva prima dell’estate slitterebbero a settembre, a vitalizi dei parlamentari già maturati. In tal senso, il retroscena di Repubblica parla di una mossa ad hoc dell’ex Rottamatore: accelerare l’iter per l’approvazione della proposta di legge scritta da Matteo Richetti, che prevede un taglio (anche retroattivo) ai vitalizi. L’obiettivo è quello di non soccombere contro Grillo su un tema che diventerebbe centrale nella campagna elettorale estiva. Al pari di un altro cavallo di battaglia del M5s: il sistema bancario. Ma mentre per il discorso vitalizi non arrivano conferme né smentite dall’entourage di Renzi (sul tema il segretario ha già dimostrato di avere le idee chiare: vuole limitarli), per quanto riguarda il sistema bancario oggi le agenzie di stampa hanno riportato compiti, composizione e particolari della commissione bicamerale d’inchiesta secondo la bozza di legge scritta dal renziano Mauro Maria Marino. Una sorta di conferma indiretta, insomma. Si vedrà.
Per quanto riguarda il presente, le ultime ore e quelle che verranno sono quelle dei summit organizzati delle varie anime democratiche. Si riuniranno i Giovani Turchi, la corrente del presidente-reggente Orfini ma anche e soprattutto del ministro Andrea Orlando, da molti indicato come candidato ideale in alternativa a Renzi nell’ottica di una sfida dai toni non incendiari. Non solo. L’ex ds Orlando avrebbe le carte in regola anche per giocare in un ruolo nel tentativo di evitare la scissione. Un obiettivo fisso nella testa dei renziani, che continuano a riunirsi sin dall’immediata fine della direzione di lunedì per studiare mosse e concessioni alle minoranze: fonti parlamentari, ad esempio, hanno confermato un incontro avvenuto ieri sera nella sede del Partito democratico al Nazareno tra Renzi, Maria Elena Boschi e i ministri Dario Franceschini e Luca Lotti. Da segnalare, infine, l’iniziativa del governatore della Toscana e candidato alla segreteria nazionale Enrico Rossi, che ha convocato tutti gli anti-renziani per sabato, in un teatro di Roma, per presentare il suo ‘manifesto’ “Per cambiare l’Italia, la sinistra, il Pd”.