I veri campioni d’incasso del cinema italiano 2016-2017 hanno un nome, anzi due: Salvatore Ficarra e Valentino Picone. Il duo comico siciliano al quinto film dietro e davanti la macchina da presa raggiungono con L’Ora Legale la ragguardevole quota di 9 milioni e 665mila euro d’incasso, dopo nemmeno un mese di programmazione, e con ancora un centinaio di sale a programmarlo. Facile che il film superi i 10 milioni arrivando a doppiare un’altra sorpresa del post Natale 2016: Alessandro Siani che con Mister Felicità ha raggiunto 10 milioni e 38mila euro d’incassi, pur uscendo a ridosso di Capodanno e quindi essendo oramai arrivato in fondo alla propria circuitazione. Già, perché le commedie italiane, orfane del tornado Zalone, quest’anno hanno per ora dato il meglio di sé proprio nel bimestre degli incassi zaloniani stratosferici, ovvero gennaio/febbraio, relegando ben 4 film natalizi, di cui tre cinepanettoni purissimi, a distanza siderale. Qualche numero? Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi 6milioni e 800mila, Natale a Londra 4milioni e trecentomila, Fuga da Reuma Park e Natale al Sud sui 2milioni e novecentomila euro. Ad eccezione di Brizzi, i tre cinepanettoni puri hanno dato risultati davvero terrificanti per i loro produttori e distributori. Se si pensa che Smetto quando voglio –Masterclass uscito ad inizio febbraio 2017 in 15 giorni di programmazione ha già raggiunto i 2 milioni e mezzo, i numeri della crisi del film di Natale ci sono tutti.
Ma se c’è un segreto che sembra lentamente svelarsi nella commedia all’italiana di questo scorcio di secolo va proprio a favore di Ficarra e Picone, Siani, e persino Zalone: il ritorno del comico singolo che costruisce il film tutto attorno a lui/loro; e la provenienza territoriale della vis comica, leggasi Sud Italia. Siculi, napoletani e pugliesi surclassano Nord e Centro (soprattutto la brigata dei toscani che non se la passa benissimo) e ne fanno polpette. Qualche sotterranea ragione ci sarà per un fenomeno culturale che ricorda molto quello delle grandi icone anni ottanta dei Troisi e Verdone, a scapito delle coralità del cast comico assortito (i vari Natali a… usciti nel 2016) per fare bene su ogni piazza da Milano a Palermo. Ficarra e Picone, poi, rappresentano un’escalation tutta peculiare nel loro modo quasi timido ed intimista nel raccontare tradizionale malaffare e intramontabile indolenza italica, luogo comune oramai incontrastato quando si gira attorno al cuore del problema culturale del paese: l’onestà morale e la relativa applicazione pratica dei sani e buoni principi.
Così ne L’Ora legale i due 46enni palermitani, anche sceneggiatori del film, centrano un doppio bersaglio: mostrare come il chiacchiericcio sempre in voga in ogni angolo di paese delle “regole da far rispettare agli altri” quando tocca sé stessi sembra non valere più; e che la voce “critica” in forma di commedia viene consapevolmente dal meridione, luogo quantitativamente più martoriato in termini di corruzione e di incapacità di uscirne. Salvatore e Valentino girano attorno a questo tema da diversi anni. Se all’inizio l’esordio da protagonisti, Nati stanchi (2001), ripercorreva le tracce originarie di loro spettacoli teatrali e comparsate tv allo Zelig Circus, con Il 7 e l’8 (2007), La Matassa (2009) e infine con Andiamo a quel paese (2014), il duo scrive e recita in una commedia che ha qualcosa di più simile al “cinema civile” senza nascondersi dietro l’ipocrisia del cinismo di Zalone o del corto circuito demenziale a tutti i costi.
Al di là del “contenuto”, Ficarra e Picone, comunque, rimangono una garanzia al botteghino. Sarà per la loro consolidata presenza a condurre Striscia la notizia fin dal 2005, per le apparizioni a Sanremo, o ancora per l’articolata e lunga carriera teatrale alle spalle (Sono cose che capitano merita di essere recuperato anche in dvd), Salvatore e Valentino continuano a spostare al cinema una fetta grossa di pubblico nazionalpopolare da fare invidia a molti colleghi. Da Il 7 e l’8 in avanti mai un loro film è finito sotto i 7 milioni e mezzo d’incasso. Dal surrealismo dei due tizi distrutti che devono a tutti i costi sedersi protagonisti della loro classica gag dai tempi di Diciamoci la verità, il tempo, con relative lunghissime pause per la stanchezza, sembra essersi cristallizzato. In tempi di crisi economica, del cinema, e di valori, scusate se è poco.