L'avvocato generale della Corte di giustizia europea ha rilevato che la direttiva del 2013 "esclude espressamente" che gli Stati possano obbligare le parti a farsi assistere da un avvocato nel corso dell'iter per trovare un accordo senza rivolgersi al giudice. Inoltre dovrebbe essere garantita al consumatore libertà totale di ritirarsi dalla procedura senza subire "effetti negativi"
La normativa italiana sulla mediazione preventiva obbligatoria per le controversie con l’assistenza necessaria di un legale difensore, che si applica anche al settore bancario, non è in linea con le norme Ue. Lo ha affermato l’avvocatura generale della Corte di giustizia europea in riferimento al caso relativo a un contratto di apertura di credito in conto corrente presso il Banco Popolare contestato dai consumatori Livio Menini e Maria Antonia Rampanelli.
Secondo l’avvocato generale Henrik Saugmandsgaard Oe, la direttiva Ue del 2013 “esclude espressamente” che gli Stati possano obbligare le parti a farsi assistere da un avvocato nel corso di una mediazione per una lite insorta tra un professionista e un consumatore. A questo proposito, quindi, “la normativa italiana (D.Lgs. 28/2010) è incompatibile con il diritto dell’Unione”.
Inoltre il giudice del Lussemburgo sottolinea che la direttiva Ue stabilisce la “libertà totale” di ciascuna delle parti o quantomeno del consumatore di ritirarsi dalla mediazione per motivi anche puramente soggettivi, per esempio perché insoddisfatto dallo sviluppo della procedura. Pertanto la legge italiana, ha concluso l’avvocato generale Ue, “nella misura in cui ricollega effetti negativi al ritiro dalla mediazione per motivi puramente soggettivi” è “incompatibile con il diritto dell’Unione”. In Italia chi si ritira è tenuto a pagare le spese.