Avevo provato ad occuparmi di altro, ma alla fine ho ceduto. Non si poteva lasciar correre questo: “Ovaria, un rimedio omeopatico per dare sostegno, stimolo e regolazione delle funzioni endocrine femminili”, indicato per le tendenze lesbiche, ma anche per il criptorchidismo (la mancata discesa dei testicoli nello scroto), l’oligospermia (pochi spermatozoi nel liquido seminale) e tante altre cose. Nei casi gravi (?) da somministrare 4-6 volte al dì. Tutto venduto su un sito di una parafarmacia che ha l’autorizzazione del Ministero della Sanità al commercio on-line. La notizia è stata lanciata originariamente da un sito specializzato in bufale (butac.it) e ripresa da diversi altri, tra cui Wired.
Ovviamente è superfluo ricordare che non c’è alcun motivo di curare l’omosessualità, perché non è una malattia.
Un problema di salute, reale o percepito come tale, non è un qualcosa su cui ridere sopra, perché ha un impatto notevole sulla qualità di vita delle persone. Non è bello ridicolizzare alcuno perché in modo un po’ ingenuo e in un momento di difficoltà crede a chi vende cose inutili, ma non si può non sorridere riguardo alle affermazioni di cui sopra sull’omosessualità. I cosiddetti “medicinali omeopatici” sono semplicemente acqua oppure caramelle di zucchero, che oltre una certa diluizione non posso essere distinti da altra acqua e altro zucchero. Sulle confezioni di granulini di zucchero e goccettine i produttori scrivono “medicinale omeopatico perciò privo di indicazioni terapeutiche approvate”, che tradotto in altro modo significa che quella roba serve al più a dolcificare il caffè in modo particolarmente costoso. La legge ne ammette la vendita, purché l’eventuale principio attivo sia sotto la soglia che possa causare danno.
Una credenza sull’omeopatia è che funzioni per effetto placebo. In realtà la maggior parte dei presunti benefici dell’omeopatia sono dovuti a una percezione errata: credere che qualcosa accada grazie all’omeopatia e non semplicemente dopo. Ci sono adulti, padroni di animali e genitori di neonati i quali raccontano di guarigioni da condizioni autolimitanti dopo le goccettine omeopatiche, ma anche persone che invece hanno usato l’omeopatia in sostituzione dei farmaci veri per malattie gravi e purtroppo non possono raccontare più nulla.
Mi si dirà: ci sono gli omeopati bravi e meno bravi, come avviene in tutti i campi. In fondo, la notizia nasce da un sito web sul quale sono state scritte in modo avventato delle indicazioni molto fantasiose (ora rimosse, per fortuna). Per i farmaci efficaci esistono studi affidabili e un’indicazione d’uso basata su prove. La Tachipirina riduce in modo misurabile la febbre. Ciascuno può decidere in modo del tutto arbitrario le proprietà dei cosiddetti “medicinali omeopatici”, senza necessità di alcuna verifica. Senza fornire prove si può affermare che un qualcosa possa curare dal raffreddore fino all’omosessualità. È tutto sullo stesso piano. La scienza è tale quando è falsificabile, per esempio quando esiste la pasticca di Tachipirina vera che abbassa la febbre e quella apparentemente identica ma che non ha effetto.
C’è ovviamente la libertà di buttare via i propri soldi come si creda, ma non quelli pubblici. Salvo Di Grazia (alias medbunker) ha recentemente twittato la targa di una struttura pubblica di Lucca, ove era scritto: “Ambulatorio di omeopatia ginecologica e oncologica”.
Questo in Toscana. 2017, ospedale pubblico. Poi parlano di sprechi. pic.twitter.com/96bruaqsBR
— Salvo Di Grazia (@MedBunker) 7 febbraio 2017
Sia il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi che il farmacologo Silvio Garattini hanno espresso forti perplessità sulla politica sanitaria della regione Toscana in merito alle “medicine alternative”. Se si spendono soldi pubblici su una terapia, non si vede perché si debba nel caso dell’omeopatia prescindere dalle prove d’efficacia. È davvero il caso di dire: “Presidente [Ricciardi] siamo con te… meno male che Silvio [Garattini] c’è..”
Sul treno ove scrivo i miei post, una mia collega mi diceva che in fondo i medicinali omeopatici, alla pari di altre terapie alternative, aiuterebbero le persone perché “danno sollievo”. Mentre parlava la ho interrotta e le ho chiesto dieci euro. Un po’ perplessa me li ha dati. Me li sono messi in tasca e le ho detto: “Ti senti meglio adesso che i tuoi soldi sono passati da te a me? Perché guarda che questo è l’unico effetto concreto delle medicine alternative, pagare una persona in cambio di nulla…”. Mi sono tenuto i suoi dieci euro. Se qualcuno dei lettori vuole provare a inviare dieci euro alla redazione e vedere se il proprio stato di salute migliori, è il benvenuto.