Lettera dell'ex segretario all'Huffington Post a tre giorni dall'assemblea nazionale di domenica. Con la scissione è a un passo continuano le schermaglie
A tre giorni dall’assemblea nazionale che dovrà delineare il futuro del Partito Democratico, la trattativa per evitare la scissione della fazione guidata dalla coppia Bersani-D’Alema è a un passo dal concludersi negativamente. Lo dicono gli sherpa renziani, lo conferma direttamente l’ex segretario del Pd in una lunga lettera inviata all’Huffington post. Che lascia poco spazio a immaginazione e trattative. “Stravolgeremo tutto il percorso (del Pd, ndr) per le esigenze o le velleità di una persona sola?” è la domanda retorica da cui parte Bersani per sottolineare che nelle priorità del Pd vengono “prima il paese, poi il partito, poi le esigenze di ciascuno”. “Questo criterio, per me e per tanti, e spero per tutti noi, è la base stessa della politica. Se noi non teniamo ferma questa sequenza, non siamo più il Pd” scrive ancora Bersani, che poi si rivolge “a tutti quelli che hanno buon senso – dice ancora – Al segretario e a tutti coloro che lo hanno sostenuto dico: non date seguito alle infauste conclusioni dell’ultima direzione. Fermatevi”.
Una sorta di ultimo appello, quindi, per scongiurare il congresso in modalità last minute pensato da Renzi. Possibilità di esser accolto? Poche, a essere ottimisti. La rottura definitiva è ormai a un passo, nonostante i tentativi annunciati da tutti i protagonisti. “Io ho parlato con tutti, ma proprio con tutti ma ormai non c’è più filo da tessere…” dice alle agenzie uno dei mediatori di primissima fila di area renziana. Nessuna speranza di ricucire? “E’ la volontà che manca. Si è rotto qualcosa, si è rotto un senso di comunità” sottolinea alla AdnKronos un big della maggioranza Pd che ha trattato in queste ore. Posizioni distanti. Anche il colloquio stamattina tra Pier Luigi Bersani e Lorenzo Guerini è stato un buco nell’acqua. Ciascuna parte scarica sull’altra la responsabilità della rottura. Per i renziani, la minoranza ha già deciso: “Sono convinti di avere un elettorato da rappresentare, hanno già deciso di andarsene”. I bersaniani ribattono che “è facile dare la colpa a noi. E’ Renzi che ha già deciso”, di fatto non aprendo alcuna trattativa vera dalla Direzione di lunedì in poi. “Ha fatto parlare i suoi ma lui non ha mai trattato”. Incomunicabilità quasi totale. Nel pomeriggio, come detto, Bersani ha rivolto l’ultimo appello ai renziani e a chi appoggia l’ex premier. Tra questi figura Dario Franceschini, anche oggi alla Camera a colloquio con diversi parlamentari. “Dario sta cercando una soluzione fino all’ultimo minuto possibile” dicono in Transatlantico. Bersani, dal canto suo, propone anche una “riflessione fondativa” prima del congresso vero e proprio. Obiettivo? “Definire il profilo del Pd di fronte alle sfide nuove, un passaggio da costruire con un lavoro unitario”. La strada è quella della conferenza programmatica, già lanciata da Andrea Orlando, condivisa da Piero Fassino e Maurizio Martina e che oggi continua a raccogliere adesioni da Anna Finocchiaro a Fabrizio Barca. Anche Franceschini ha parlato di ‘stati generali’ del Pd con chi lo ha incrociato oggi. Ma quello che hanno in mente i bersaniani non è una “giornata di chiacchiere”. Già ieri sera la minoranza aveva messo le mani avanti e dichiarato non soddisfacente la mediazione sulla conferenza programmatica: “Renzi ha già convocato il Lingotto per il 10 marzo. E’ evidente che non c’è alcuno spazio per una discussione vera”.
Resta il fatto che a Montecitorio si parla solo della scissione e di come provare a evitarla fino a domenica. Tra i parlamentari la preoccupazione è forte. Ad agitare gli animi c’è anche il timore che la scissione porterebbe a una chiusura anticipata della legislatura. La minoranza conterebbe una ventina di senatori a palazzo Madama e circa 50 deputati, compresi i fuoriusciti da Sinistra Italiana di Arturo Scotto. C’è chi ipotizza che a fronte della nascita di nuovi gruppi parlamentari, potrebbe essere richiesto un voto di verifica della maggioranza a sostegno del governo. E magari scapparci l’incidente. “Da parte nostra – dicono i bersaniani – no di sicuro. Noi siamo per arrivare al 2018 e semmai allarghiamo il perimetro della maggioranza con l’arrivo di Scotto e i suoi”. E comunque la nascita dei gruppi, spiegano, non sarebbe una cosa di domani: “Ci sarà un percorso graduale prima di arrivare a formare nuovi gruppi. Ci vorrà del tempo…”.