Altro che polizze antisismiche obbligatorie per tutti. Prima ancora di assicurare gli immobili degli italiani, il governo si prepara a sfornare una sorta di “tassa mascherata” sul mattone attraverso la classificazione sismica degli edifici. L’esecutivo sta infatti per varare un nuovo indicatore, stile classe energetica, che darà un giudizio su quella che è la situazione strutturale dell’immobile. Si tratta di un passaggio fondamentale per far chiarezza sullo “stato di salute” del patrimonio immobiliare italiano. Fin qui nulla quaestio se non fosse che l’operazione non sarà a costo zero per i proprietari di immobili che attendono di leggere le linee guida in un decreto ad hoc entro il 28 febbraio.
Per quella data, che dal ministero dei Trasporti assicurano sarà rispettata, il decreto introdurrà sei classi (dalla A alla F) di rischio sismico con una certificazione non obbligatoria degli edifici. La nuova documentazione sarà tuttavia necessaria per chi vorrà accedere agli incentivi, battezzati Sisma bonus (detrazioni dal 50 all’80% fino al 2021), per il miglioramento della classe sismica dell’edificio. E dovrà quindi pagare per ottenere la perizia. Non solo: l’introduzione della certificazione sismica avrà un impatto sul mercato immobiliare. Basti pensare che in una eventuale compravendita, la presenza di una certificazione di sicurezza ad hoc avrà un suo valore che sarà inclusa nel prezzo finale dell’edificio. Di conseguenza i proprietari saranno obbligati a fare la perizia dei loro immobili per spuntare un miglior prezzo sul mercato o, nella peggiore delle ipotesi, semplicemente mantenere inalterato il valore dell’edificio. Non è un caso, del resto, che l’Associazione nazionale costruttori (Ance) si stia già muovendo “diffondendo questa buona pratica fra gli associati”. E ricordando che“la perizia dovrà essere effettuata a regola d’arte perché altrimenti si rischia il caos su un argomento che a lungo termine inciderà sul valore degli immobili”.
Ed è qui un altro punto dolente della vicenda: su mandato del ministero delle Infrastrutture, i tecnici del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici si riuniranno martedì 20 febbraio per stabilire le regole per le perizie che identificheranno la classe sismica dell’immobile. In questa fase, stanno anche valutando un sistema di controllo per evitare che i fondi pubblici stanziati per migliorare la qualità degli immobili finiscano solo per alimentare in maniera distorta il mercato. Ma la soluzione non è a portata di mano. E il rischio caos è dietro l’angolo su un tema particolarmente caro agli italiani e al governo, che sogna di poter realizzare anche la riforma del catasto per aumentare il gettito sul mattone. “Bisogna evitare che questa operazione si trasformi solo nell’ennesimo salasso per gli italiani”, ammonisce Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef.
Non a caso, del resto, i tentativi passati di fare ordine nel patrimonio italiano sono fin qui tutti miseramente falliti. Nel 1998, ci provò il primo governo D’Alema provando invano ad introdurre il “fascicolo del fabbricato”, una sorta di anagrafe del mattone italiano, i cui oneri di realizzazione sarebbero dovuti ricadere sui proprietari. Copione analogo nel novembre 2011, quando la senatrice Adriana Poli Bortone presentò un disegno di legge “a seguito delle recenti tragedie nazionali (sisma in Abruzzo e il crollo dell’edificio di Barletta)” ponendo “all’ordine del giorno, in modo drammatico, il tema della sicurezza delle costruzioni in area sismica e non”. Il nuovo sistema avrebbe permesso di “conoscere lo stato reale del patrimonio immobiliare sanando eventuali differenze fra lo stato dell’arte e le planimetrie catastali e dando precise indicazioni sul profilo della tenuta strutturale degli immobili”, spiega l’architetto Remigio Coco, presidente del Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatorie a Latina. Anche in quella occasione l’iniziativa non ebbe successo.
In tempi più recenti, poi, ci hanno riprovato le Regioni (come Lazio o Emilia Romagna) introducendo l’obbligo del fascicolo del fabbricato con leggi locali. Ma sono state stoppate dalla Corte Costituzionale sempre per via delle ricadute degli oneri delle perizie sui proprietari. Ora è la volta del governo Gentiloni con il decreto di classificazione degli immobili che si innesta in uno scenario assai caotico. Un panorama che il governo Renzi ha complicato ulteriormente con lo sportello unico comunale, nato per sveltire le procedure nell’edilizia residenziale per poi trasformarsi in un aggravio per i Comuni senza peraltro nulla aggiungere alla mappatura strutturale del patrimonio immobiliare italiano.
Di certo se la certificazione sismica sarà fatta a regola d’arte, sarà un passo in avanti importante per un Paese in cui un terzo della popolazione vive a rischio di terremoti. E allora il costo sostenuto dai proprietari per certificare gli immobili avrà una sua ragione di essere. In caso contrario, l’operazione si trasformerà nell’ennesimo dazio da pagare sul mattone. Con vantaggi solo per certificatori e imprese edilizie che potranno ripartire grazie agli incentivi stanziati dal governo per la manutenzione strutturale degli edifici. Senza dimenticare, in seconda battuta, le compagnie assicurative che, sulla base delle nuove classi sismiche, potranno studiare prodotti ad hoc sperando, prima o poi, nell’obbligatorietà delle polizze antisismiche.