I dipendenti pubblici si ammalano più di quelli privati. Lo sostiene uno studio dell’Ufficio studi della CGIA su dati Inps relativi al 2015. I dati sono stati estratti sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici dell’Inps, avviato nel 2011. Secondo l’analisi della CGIA, più di un dipendente pubblico su due si è assentato dal lavoro per motivi di salute. Il 57%, contro il 38% di chi lavora nel privato.
Sembra però che le assenze dei dipendenti pubblici durino meno. Appena il 12,1% dei lavoratori del privato resta a casa per un giorno soltanto, contro il 25,7% di chi invece lavora nel settore pubblico. In generale, tra il 2012 e il 2015 si è registrato un forte aumento delle assenze nel pubblico: una media nazionale di +11,9%, con picchi addirittura del 20% in regioni come Umbria e Molise. Nel privato, invece, le assenze sono aumentate appena dello 0,4% a livello nazionale, con nove regioni in cui si è invece registrato un calo (in Calabria e Sicilia del 6%).
E se i dipendenti pubblici sono più cagionevoli al Sud (62%), al Nord invece la situazione si ribalta: si è registrato qui il 57% delle 9 milioni di assenze nel settore privato.
“È evidente che non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più o meno velate di assenteismo“, spiega Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi. “Tuttavia qualche sospetto c’è”, continua. Basti pensare che, in Calabria, tra 2012 e 2015 si è registrato un aumento del 14,6% delle assenze per malattia nel settore pubblico, diminuite invece del 6,2% nel privato. Secondo Zabeo “è difficile sostenere che ciò si sia verificato perché i dipendenti pubblici di quella regione sono più cagionevoli dei conterranei che lavorano nel privato”.
Nelle statistiche non sono riportate le assenze riferite a gravidanze e donazioni del sangue. Ma Renato Mason, segretario della CGIA, non ha dubbi: “Se fosse stato possibile includere anche quelle assenze – spiega – “probabilmente lo scarto tra pubblico e privato sarebbe aumentato notevolmente, facendo impennare il numero di quelle ascrivibili ai dipendenti pubblici.”