Oggi ho voluto farmi del male, volontariamente. Sono andato sul sito dell’Inps per verificare la mia situazione. Dunque, io ho iniziato a lavorare a “ciclo continuo” il 1 gennaio 1986, ma già da qualche anno lavoravo stagionalmente, mentre studiavo. Tutti i contributi sono stati regolarmente versati, quindi sono stato pure “fortunato”. Dal prospetto Inps, risulta che andrò in pensione il primo di giugno del 2034, alla veneranda età di quasi 69 anni e dopo aver lavorato quasi 48 anni continuamente con qualche mese in più di lavoro stagionale.

La seconda parola che mi viene in mente (la prima non è nominabile in un post pubblico!) è progresso. Perché progresso? Progresso, in termini di vocabolario, dice più o meno così: “… processo di avanzamento, di sviluppo e specialmente di miglioramento e perfezionamento delle condizioni di vita e delle strutture sociali”.  Direi che qui non ci siamo proprio! Siamo in un paese (minuscolo per scelta) che non garantisce un equo trattamento pensionistico ai propri cittadini, costringendone moltissimi ad andare in pensione con un numero spropositato di anni di lavoro e età avanzatissima, ma garantendo a molti altri vitalizi per incarichi elettivi, magari anche per solo qualche anno di “onorato servizio”, con cifre astronomiche.

In aggiunta a ciò, ricordo le famose baby-pensioni, che paghiamo noi con i nostri esorbitanti anni di servizio, garantendo a molti italiani una rendita, percepita con numeri risibili di lavoro prestato e, quindi, contributi versati, a persone andate in quiescenza a 38/40 anni o anche prima.

Parlare di progresso con una simile situazione di iniquità è davvero una cosa insostenibile. Anche qui, nel mio amato Trentino Alto Adige, ci sono alcune situazioni particolari, in merito ai vitalizi dei consiglieri regionali/provinciali, che stridono con la necessità di dare un segnale di risparmio di risorse pubbliche, in momenti dove tagli alla sanità, alla scuola, agli ammortizzatori sociali per chi non ha lavoro sono sempre maggiori.

In questi giorni le Acli Trentine hanno proposto un disegno di legge popolare al Consiglio regionale Trentino Alto Adige, al fine di dimezzare i vitalizi previsti dai “parlamentari” regionali; per proporre tale iniziativa son state raccolte oltre 10.000 firme sul territorio e, poi, la proposta è stata presentata al Consiglio Regionale. È di questi giorni la notizia che il Consiglio Regionale ha deciso di procrastinare la messa in votazione di tale legge, cercando un incontro con le Acli stesse per definire meglio alcuni parametri di tale proposta di legge. La sensazione è che si voglia prendere tempo, come al solito, per poter trascinare all’infinito la messa ai voti; molti consiglieri regionali di maggioranza hanno già dichiarato il voto contrario a tale proposta di legge, quindi si presume che la legge non diventerà mai operativa. Tuttavia, tale votazione negativa susciterebbe un clamore non da poco nella cittadinanza elettiva, quindi il pensiero che si voglia trascinare nel dimenticatoio la vicenda, appare molto reale.

Inoltre, rammento che, nel novembre 2018, anche qui si voterà  per eleggere proprio il Consiglio regionale e quello delle due province. Sarà mai che si intenda trascinare a lungo la discussione, onde evitare ai consiglieri di maggioranza la figuraccia di votare contro una legge popolare che dimezzi i loro vitalizi e permettere loro di promettere di farlo se rieletti? Forse i signori in questione pensano che la gente si dimentichi di tali vicende? Ma, segnalo che c’è sempre il portale Inps che ce lo ricorda, poiché quando un normale cittadino verifica la propria situazione ai fini pensionistici, automaticamente farà il parallelo con i propri rappresentanti politici, che nulla fanno per rendere migliore la situazione, anzi, pensano solo ai propri soldi e vitalizi.

A mio modesto parere, stiamo andando incontro a tempi davvero oscuri; ma come possono entrare i giovani nel mondo del lavoro se, persone come me sono costrette a lavorare fino a oltre 68 anni e per quasi 50 anni di vita? E, ancora, che qualità di lavoro potrò mai garantire a quell’età, sempre ammesso che ci arrivi integro? E quanto mi resterà da vivere con un certo “gusto della vita”, senza magari aver necessità di cure ospedaliere o subire inibizioni fisiche date dall’età? Non chiamiamolo progresso, per cortesia, questo è tutto il contrario, si tratta di regresso, progressivo ed inesorabile regresso!

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