Apro il mio spazio sul Fatto a Jonathan Bazzi, il quale propone una critica all’ultimo post di Diego Fusaro sul suo blog. La storia della sessualità è un argomento molto affascinante e sul quale è stato scritto moltissimo. L’applicazione del filtro di Marx alle questioni di genere, metodologia prediletta dal professor Fusaro, è senz’altro un esperimento possibile ma, a mio avviso, non convincente. Sarebbe più interessante ricercare le radici storiche della nozione di “identità sessuale”, che non è una legge di natura, bensì una costruzione culturale che ha la sua genesi nei dibattiti forensi della Francia del XIX secolo (in questo dissento anche da Bazzi quando scrive che le “identità queer” esistono da sempre). Spero possa nascere una discussione di alto valore. T.G.
di Jonathan Bazzi
Il rapporto complicato dei filosofi con la vita concreta ha radici lontane. Il post di Diego Fusaro – Transgender, perché la nostra società li santifica – può essere ricondotto proprio a tutta un’antica tradizione di “tradimenti filosofici” dell’esperienza. È un testo che dice cose molto gravi, inesatte e violente sulle questioni di genere. Un testo che vìola il senso delle parole, lo piega a fini ideologici, ignorando il peso esistenziale dei temi che maneggia, che attiva dispositivi retorici passepartout là dove invece servirebbero comprensione, intelligenza emotiva, umanità.
L’uso delle parole
Innanzitutto una precisazione: Fusaro sbaglia in pieno equiparando gli eterosessuali ai cisgender: l’eterosessualità riguarda l’orientamento sessuale (mi piacciono gli uomini, le donne, ecc.), il termine “cisgender” allude invece all’identità di genere (mi sento uomo, mi sento donna, ecc.). È quantomeno bizzarro poi che Fusaro usi il verbo “santificare“: egli finge di ignorare che l’Occidente, attraverso un processo lungo e tortuoso, è arrivato a ritenere inviolabili una serie di diritti, atti a tutelare la dignità umana, il rispetto del valore della vita umana indipendentemente dalle varie forme che essa può assumere. La società e l’ordinamento politico dovrebbero non “santificare” ma senz’altro tutelare – ben più di quanto facciano attualmente – le persone transgender, perché queste vivono sulla loro pelle innumerevoli e gravi forme di discriminazione, al punto che vengono definite “minoranza nella minoranza” rispetto alla stessa comunità Lgbt.
Natura e cultura
Fusaro alla tradizionale battaglia contro l’inesistente teoria del gender aggiunge la sua lettura neomarxista. Il capitalismo e lo strapotere liberista, secondo Fusaro, vogliono cancellare le differenze naturali per rendere tutto mercato, merce. In realtà tocca ricordare che le teorie gender non esistono. Esistono invece gli studi di genere, ovvero un ambito di riflessione che tenta di liberarci dalle gabbie ideologiche e dalle strutture di potere che riguardano il genere e la sessualità. Ma Fusaro, della condizione concreta e incarnata dei singoli, non interessa: le sue parole restano sul piano astratto e generalissimo della teoria, passano sopra la testa delle persone. Inoltre il confine tra cultura e natura, così fermamente invocato dal filosofo, è chiaro e definito proprio solo per i retori e i sofisti. Gli antropologi ci hanno insegnato invece, già da molto tempo, che separare in modo definitivo e certo naturale e culturale non è possibile. Inoltre Fusaro sembra ritenere tutto il queer come arbitrario, l’esito di decisioni volontarie. Ma anche qui sbaglia. Per quanto possa risultare destabilizzante per gli intolleranti e i nostalgici degli assetti repressivi, caratteristiche quali l’omosessualità e l’identità transgender non sono affatto decise dal soggetto. Il soggetto le vive come “naturali”, stabili, parte integrante della propria identità. E non si tratta di invenzioni moderne: le identità queer esistono da sempre e in tutte le culture, anche in quelle non occidentali e non capitalistiche.
Filosofia vs vita
Nell’utilizzare grandi categorie ideologiche per far violenza alla vita, Fusaro compie il classico errore di molta (cattiva) filosofia. Applicando alle questioni di genere la sua prospettiva pseudomarxista e anticapitalista, egli dimentica il valore delle storie individuali, il modo in cui le persone si sentono. Che ne sa, vien da pensare, delle esperienze di cui parla? L’aspirante filosofo giudica dall’esterno e senza interesse umano, diciamo pure in modo dis-umano, forme di vita che gli sono estranee, attribuendo loro un senso strumentale e utile ai suoi scopi di interpretazione generale del mondo. In questo senso il suo articolo pare radicato nel disprezzo del diverso, nell’ignoranza verso ciò che è diverso e nella strumentalizzazione di questo diverso che si disprezza e non si conosce. I “transgender” – come Fusaro definisce le persone (termine su cui va posto l’accento) transgender – non sono entità, non possono essere meri bersagli teorici: sono esseri umani. Esistenze concrete, individui. È per questo che le si dovrebbe protegge se e quando vengono denigrate ed è per questo che non comprendere l’importanza delle battaglie per i loro diritti è gravissimo. Soprattutto nel 2017, soprattutto da parte di un giovane filosofo.
(già pubblicato in forma estesa su www.gay.it)